RECENSIONE: Moblon – t.i.n.a. (Bravo Dischi, 2017)

Recensione di Gustavo Tagliaferri

Il Moblon, con molta probabilità, non è solo lo pseudonimo dietro cui può celarsi più di qualche appartenente di ambo i sessi alla frammentata moderna scena italiana, in particolar modo romana, degli ultimi dieci anni. Il Moblon potrebbe essere l’unica e sola valvola di sfogo dei desideri, dei bisogni, dei nervosismi che, fuoriuscendo a mò di fischio, gli stessi hanno da sempre ponderato, non solo in virtù del proprio stato di individui, ma anche per dare una risposta al conseguente quesito: è possibile che questi possano avere una forma musicale? “t.i.n.a.”, rigorosamente in minuscolo, denota quanto la risposta possa essere affermativa: Giulia Laurenzi, Stefano Veloci e Flavio Gamboni è evidente quanto amino divertirsi e in neanche quaranta minuti il frutto del loro lavoro è bello che evidente, un sogno dietro l’altro riassunto in arrangiamenti ogni volta prossimi a continue variazioni, nella maggior parte dei casi prossimi a giungere come un fulmine a ciel sereno. La scommessa dei Moblon, basata su un potpourri di ripetute contaminazioni, appare a sua volta decisamente azzardata, ma al contempo vede immediatamente i propri vantaggi: per buona metà del lavoro la concentrazione è rivolta su un innalzamento degli amplificatori e su continue agitazioni sonore a cui viene data carta bianca passando dalle scherzose ramificazioni indie, soffocate da richiami che partono da Giuseppe Verdi ed arrivano al prog, facenti capolino qua e là in maniera inaspettata quando a scorrere è La steppa, ad esperimenti che passano dal ludico ed incalzante, come nella filastrocca sospesa tra funky, country e piano rock sulla quale si focalizza Dietro il bosco, al distorto ed ingarbugliato, denotato dagli influssi jazz, punk e psychobilly (!!) di Sul muro, idee che a loro volta sono tali da anticipare certi espedienti teatrali che poi verranno sviluppati in una composizione dal linguaggio aulico ed a metà tra Kate Bush, Regina Spektor e Joan As Police Woman, quella di Arrivo, anche se quest’ultima risulterà maggiormente focalizzata nella malinconica e meno criptica titletrack, fino al raggiungimento dello zenith ad opera dei fantasmi noise, molto à la Sonic Youth, di cui si circondano l’a sua volta pregna di germi memori delle Hole Fuori del giorno, allucinata già nella sua dicotomia tra rumore e silenzio, ove lo stop’n go lo gioca il basso di Veloci, le dilatazioni che sottendono il mormorio di Giro a largo e soprattutto l’assurdo e proprio per questo splendido excursus, una rumorosa ed esplosiva simil-suite da sette minuti che tocca vertici di psichedelia a cavallo tra i 70’s ed i Mercury Rev di “Yerself Is Steam” per poi passare ad improvvisazioni nuovamente di ispirazione jazz, di Non toccare, possibile manifesto degli intenti di cui si fa capo il trio. Di eguale impatto sono le situazioni acustiche, o comunque un po’ meno tirate, ove ascoltando la voce della Laurenzi appare evidente che abbia tra i punti di riferimento anche la Nada situata tra la fase pop ed i primi vagiti di natura rock, alla luce del ruolo ricoperto dai sospiri intrisi di melancolia che invadono Niente, quasi un’elettrificazione di certi espedienti brasiliani successivamente coesa in una trasferta nella “Desertshore” che tanto amava concepire Nico, dalle oniriche ninne nanne immerse fino all’orlo in un’ottica lo-fi alle quali appartiene Era spaziale e dal contrasto che vede l’innocente fischiettio che si eleva su Sole scontrarsi con una marzialità, tipica di un sempre ineccepibile Gamboni, che occasionalmente prende forma sul triste epilogo di Sedia.

“Torneremo qui lucidi.”

Forse il succo di un disco del genere è proprio qui: esorcizzare i timori lasciando che si esprimano nelle forme che a loro realmente si confanno, tenendo fede ad una varietà stilistica che i Moblon sanno padroneggiare senza mai dare luogo a qualcosa di già sentito. “t.i.n.a.” riesce nel suo obiettivo e malgrado l’osticità sa donare moltissime soddisfazioni, tanto ai più curiosi quanto a coloro che risultano meno allettati dall’elettronica, quanto più dalle chitarre. Voci fuori dal coro consigliatissime.

Moblon-Front-HIQ-(migliore)Moblon – t.i.n.a.
(Bravo Dischi, 2017)

1. Niente
2. Fuori del giorno
3. Dietro il bosco
4. Sul muro
5. La steppa
6. Era spaziale
7. Non toccare
8. Sole
9. Arrivo
10. Giro a largo
11. Tutti i nostri alieni
12. Sedia

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