LE PAROLE DEL LUNEDÌ: CAPITOLO 9 (Daniele – Parte I)

“SOTTO LO STESSO FRAGILE CIELO”

(Via delle Azalee n. 7)

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Daniele

PRIMA PARTE
(il mazzo di carte)

di Luigina Baschetti

Daniele si era appena seduto alla scrivania quando suonò il telefono.

Sollevò la cornetta con la tentazione di mandare a quel paese chiunque fosse, perché erano solo le nove del mattino e lui già aveva avuto la sua dose d’incazzatura giornaliera.

La sua ex moglie l’aveva svegliato alle 6.30 per ricordargli che alle 8 precise doveva essere sotto casa sua per prendere Mirko perché lei oggi, nel caso lo avesse dimenticato, partiva per la settimana bianca con un amico. E come avrebbe potuto dimenticarlo. Nelle ultime due settimane non aveva fatto altro che ripeterlo, sottolineando il fatto che erano due anni che non andava più a sciare per non lasciare Mirko con lui, perché non ci si poteva fidare di lui, che si dimenticava di andare a prenderlo a scuola, non ricordava mai quali erano i giorni in cui doveva essere accompagnato a calcio, non aveva i numeri del pediatra in caso di bisogno e poi, sicuramente, la sera l’avrebbe lasciato con sua madre che l’avrebbe viziato, lasciandogli vedere la tv fino a tardi mangiando schifezze, ecc., ecc.,.

Aveva messo il viva voce e cercava di lavarsi e vestirsi il più velocemente possibile, annuendo ogni tanto per farle capire che sì, tranquilla, stava arrivando, tra poco sarebbe stato lì.

Racconto 9.1

Era cominciata così la sua giornata e poi, in un susseguirsi di incredibili imprevisti, le cose erano andate sempre peggio, come la perdita delle chiavi della macchina che aveva comportato un ritardo di mezz’ora all’appuntamento sotto casa di Giulia. Ovviamente lei non perse l’occasione per dire, utilizzando un migliaio di parole quando ne sarebbero bastate dieci: “Lo vedi che ho ragione quando dico che sei inaffidabile?” Questo era il succo, e magari fosse finita qui.

Per la fretta, nel tentativo di recuperare il tempo perduto, mentre Giulia continuava a snocciolare l’elenco delle cose da fare e quelle da non fare nei successivi 7 giorni, Daniele caricò in macchina il bambino, lo zaino della scuola, la borsa del pallone e dimenticò in terra il trolley con il cambio settimanale e i giocattoli.

Si accorse che il suo telefono aveva la suoneria disattivata soltanto quando arrivò sotto casa di sua madre e perciò lasciò, anzi lanciò Mirko al portiere pregandolo di accompagnarlo fino all’appartamento di sua madre e tornò di corsa sotto casa di Giulia per recuperare il trolley. Stava cercando di dimenticare la faccia di Giulia e quello che gli disse, quando suonò il telefono.

Non era sicuro di poter sopportare la voce del suo capo che gli chiedeva se aveva terminato il verbale sull’omicidio di via delle Azalee.

Gli era stata affidata l’indagine il giorno prima, a poche ore di distanza dall’accaduto.

Era stato sul posto, aveva conosciuto tutti gli abitanti dello stabile, formulato le solite domande di routine, ma non aveva assolutamente avuto il tempo di farsi un’idea sulla dinamica dei fatti e sul possibile movente.

Simonetti, allora, che mi dice di quest’omicidio? Lo sa vero che mi deve dare dei risultati entro domani? Il Questore mi ha mi ha già chiamato due volte e la stampa ci sta già ricamando sopra. Ci sguazzeranno, e più ne parleranno più noi saremo pressati. Io sarò pressato. E se sarà pressato io, lei sarà pressato, da me. Ci vediamo nel mio ufficio alle 13 in punto, ho convocato anche Tucci e Barbarano, lavorerete insieme!”

Daniele chiuse il telefono pensando “lo so, lo so brutto stronzo!”, poi realizzò.

Aveva promesso a suo figlio che lo avrebbe portato a pranzo da McDonald!

Pensava che la sua vita era davvero complicata e si chiedeva se anche la vita degli altri fosse così, oppure se la sfortuna si fosse accanita con lui. Giulia lo aveva lasciato proprio per questo, perché non riusciva a sopportare un rapporto fatto di appuntamenti mancati, di ritardi ai pranzi, alle cene, alle feste, di chiamate notturne, di domeniche da sola e di vacanze con rientri anticipati.

Diceva che non poteva essere vero, che queste cose accadono solo nei film, che nella vita reale un ispettore di polizia che guadagna 2.000 euro al mese non può dedicarsi completamente al lavoro dimenticandosi della famiglia. Diceva che chi ama il suo lavoro più di ogni cosa al mondo non deve mettere su famiglia. Forse aveva ragione ed era per questo che avevano deciso di separarsi, però non era vero che amava il suo lavoro più della famiglia, solo che non riusciva a conciliare le cose.

Chiamò sua madre e le chiese di spiegare a Mirko che non poteva tornare per pranzo e che si sarebbe fatto perdonare. Faceva sempre così, ed era proprio questo che mandava in bestia la sua ex moglie.

Ora doveva concentrarsi sul caso, se non altro per buttare giù uno straccio di verbale.

Guardò la lista delle persone che abitavano in quello stabile, un palazzetto d’epoca di soli tre piani più un attichetto niente male, 10 appartamenti in tutto. In cima alla lista c’era Wanda Pettinari, la portinaia, che gli aveva raccontato di quel fatto accaduto qualche giorno prima in cantina.

La portinaia affermava di essere stata testimone di un incontro clandestino tra la vittima e una donna, in cantina. Era nascosta e non aveva potuto vedere i due, ma aveva riconosciuto la voce del professor Antonelli e udito chiaramente una seconda voce femminile. Aveva sentito solo frammenti di frasi, lei era arrabbiata e lui cercava di calmarla. Era rimasta molto sorpresa del fatto che il prof. Antonelli avesse un’amante e che s’incontrassero in cantina, un uomo apparentemente perbene, anziano, vedovo, zoppo, non era il tipo che t’immagini capace di una cosa del genere.

Daniele sapeva che non si può mai escludere nulla e prese un appunto.

Nota 1)

-verificare se qualcuno ha mai visto la vittima con una donna che non sia la defunta moglie.

-secondo la portiera, dalla voce, potrebbe essere una donna giovane.

La vittima era stata trovata in cantina, proprio dove Wanda aveva detto di averlo sentito parlare con la sconosciuta quella notte, colpito da 9 coltellate di cui almeno tre mortali. Il medico legale aveva riscontrato anche una frattura cranica riferibile, forse, alla caduta del corpo contro un gradino di pietra. Sul gradino c’era del sangue, ancora non identificato come appartenente alla vittima. L’arma del delitto non era stata trovata.

Racconto 9.2

A scoprire il cadavere era stato Paolo Serafini il proprietario dell’appartamento interno 8 che era sceso in cantina per riporre uno scatolone con vestiti dismessi da dare ai poveri. Interrogarlo per Daniele era stata una fatica. Continuava a parlare di quella benedetta scatola che era troppo ingombrante per tenerla in casa e che aveva dovuto sigillare per bene affinché i vestiti non si sporcassero, dal momento che lui li aveva lavati e stirati, perché non si possono dare via vestiti sporchi, non è che siccome vanno ai poveri si può dar loro roba sporca, non è educazione.

Daniele era stato costretto a fare un po’ la voce grossa, da poliziotto, per farlo smettere di straparlare e fargli dire qualcosa di concreto e di attinente all’accaduto.

Aveva visto qualche oggetto insolito? Aveva rimosso nulla? Aveva chiamato qualcuno prima della polizia? Aveva mai visto la vittima in compagnia di una donna?

Lui e il suo compagno Andrea Bertoli abitavano lì soltanto da sei mesi e in quel periodo non l’avevano mai visto in compagnia di nessuno. L’avevano incontrato qualche volta sul portone d’ingresso e basta. Mai stati a casa sua. Sapevano soltanto che insegnava, lettere forse, e che era vedovo.

Andrea aggiunse che una volta lo aveva incontrato sulle scale tra il primo e il secondo piano – l’ascensore era rotto, succede spesso – e notò che era tutto sudato e aveva il respiro affannato. Pensò che, siccome è claudicante, poveretto, anche una sola rampa di scale lo avesse stancato. Si offrì di aiutarlo ma lui rifiutò e, a testa bassa, fece la seconda rampa tutta di corsa. La cosa lo sorprese molto.

Nota 2)

Controllare se il professore risulta omofobo.

Sullo stesso pianerottolo della vittima, all’interno 6, abitava Chiara Martelli, una ragazza di vent’anni aspirante ballerina che non era stata ancora ascoltata perché la sera prima non era in casa.

Nota 3)

Interrogare Chiara Martelli, ragazza giovane ( due asterischi)

Sempre sullo stesso piano, interno 4, abitava la famiglia Sogliano, moglie, marito e due figli, un maschio di tre anni e una femmina di otto.

Anna Sogliano era stata oggetto di osservazione da parte dei servizi sociali a seguito di una denuncia della portinaia per “sospetto di violenze domestiche da parte del marito”. Lei dichiarò di essere caduta e di aver sbattuto la testa contro la porta ma la portinaia, nella sua deposizione, precisò che accadeva spesso di vedere la signora con i lividi sul viso. Inoltre segnalò che, occupandosi occasionalmente dei loro figli, aveva notato che spesso i bambini erano spaventati e taciturni.

Giovanni Sogliano disse di non conoscere nessuno dei condomini. Era sua moglie Anna che teneva le relazioni con il vicinato ma ora era a letto, non si sentiva bene, forse aveva contratto l’influenza dai bambini che l’avevano avuta la settimana prima. Se era necessario l’avrebbe chiamata. “Non è necessario, la lasci riposare, tanto tornerò domani” disse Daniele.

Nota 4)

Chiedere il verbale sulla presunta violenza domestica

Luca Messeri era un ragazzo di 25 anni che viveva solo. Daniele aveva avuto l’impressione che il ragazzo, sebbene disponibile, fosse in difficoltà. Era teso, preoccupato e prima di rispondere alle domande prendeva tempo, come per riflettere sulla risposta da dare. Era stato molto evasivo sulla ragazza che frequentava con la quale si era appena lasciato. Evasivo e poco convincente.

Nota 5)

-Chiedere alla portinaia qualche indiscrezione su Luca Messeri

-Rintracciare la ragazza

Al piano rialzato, oltre a Luca Messeri e ai coniugi Pettinari abitava Massimo Arcuri, cinquantenne istruttore di spinning. “Che razza di mestiere è istruttore di spinning” si chiedeva Daniele “ci si campa?” Lui credeva che fosse un hobby.

Massimo Arcuri aveva reso la sua dichiarazione con molta disponibilità, solo che non sapeva niente, non aveva visto nessuno e conosceva a malapena la vittima. Frequentava assiduamente la cantina perché ci teneva le biciclette e la sua attrezzatura sportiva e qualche volta aveva incontrato il signor Antonelli là sotto. Si era chiesto che cosa ci facesse, dal momento che lui non possedeva una cantina. Aveva pensato che utilizzasse il corridoio delle cantine come scorciatoia per raggiungere l’ingresso posteriore della palazzina, per non fare il giro dello stabile. Era possibile, pensò Daniele.

Nota 6)

Verificare se altri utilizzano la scorciatoia delle cantine

Al terzo piano abitavano, oltre ai due gay (Daniele si disse che non doveva pensare a loro così ma non gli veniva altro modo), la signora Emma Siclari e i signori Marchetti.

Emma Siclari era una bella signora di 65 anni, molto elegante e gentile. Lo face accomodare in salotto e si scusò perché non sapeva cosa offrire a quell’ora, era un po’ tardi per un tè ma se lo voleva glielo avrebbe preparato subito. Purtroppo non aveva birra o bibite gasate in casa, però poteva offrirgli un biscottino alle mandorle.

Non fu facile convincerla che non voleva nulla e che avrebbe solo voluto farle qualche domanda e poi andare a casa, a dormire per qualche ora, se non le dispiaceva. Emma Siclari si scusò per l’insistenza e rispose a tutte le sue domande. Cinque minuti furono sufficienti.

Nessun appunto per Emma Siclari che abitava lì da trenta anni e si sentiva di poter garantire per tutte le persone che ci abitavano, tutte brave persone.

Il telefono squillò. Daniele lo guardò e fu tentato di gettalo fuori della finestra. Sapeva che era il suo capo e che gli avrebbe chiesto a che punto era con il verbale. Erano passati 45 minuti dalla telefonata precedente, l’ispettore capo era stato fin troppo paziente per il suo standard.

Pronto” cercò di usare un tono che non tradisse il suo fastidio.

Spero che tu sia pronto davvero. I tuoi colleghi stamattina, mentre tu dormivi, sono stati sul luogo del delitto e dicono di avere notizie interessanti. Ti consiglio di andare a sentire cosa hanno saputo e di concordare con loro un’unica versione dei fatti. Non voglio sorprese quando ci vedremo alle 13”

Ma che ho fatto di male per meritarmi un capo stronzo come questo! Quei due leccaculo sono andati sul posto! a fare cosa? C’ero già stato io, fino alle due del mattino, ho interrogato pure i sassi, ho dormito 3 ore, ho avuto una mattinata di merda, ma che vogliono tutti da me, il sangue?!” E si avviò verso la stanza dei leccaculo.

Racconto 9.3

Daniele rovistò per diversi secondi nel cassetto della scrivania finché trovò quello che cercava, una bustina di Diger Selz, scaduta da un mese, ma la prese lo stesso. Aveva un mattone nello stomaco probabilmente dovuto a quello schifo di panino con salsiccia pieno di senape che aveva mangiato la sera prima, anzi quella mattina, alle 2,30, mentre tornava a casa. A Porta Maggiore aveva visto il furgone che fa panini, aperto tutta la notte, e per la prima volta in vita sua si era fermato. Mentre buttava giù il bicchiere d’acqua con il disgorgante, diede un’occhiata al cellulare che aveva lasciato sulla scrivania per soli 5 minuti, il tempo di mandare a quel paese i suoi colleghi e tornare.

In quei 5 minuti era accaduto il peggio: aveva chiamato Giulia, ben 5 chiamate senza risposta e 2 messaggi. Aprì il messaggio con una certa apprensione, già sapendo cosa aspettarsi.

Dove cazzo sei? Poi dici che non è vero che ogni volta che ti cerco non rispondi. E se avessi avuto un incidente? Se tuo figlio fosse in fin di vita?” – Fine primo messaggio.

Cmq ho saputo che Mirko è da tua madre xké tu lavori anche di sabato e non lo porterai a pranzo fuori come avevi promesso. Sei uno stronzo!” – Fine secondo messaggio.

Se avesse avuto un’altra bustina di Diger Selz l’avrebbe presa, ma non sarebbe stato sufficiente, per digerire Giulia ci sarebbe voluto il Plutonio.

Chiamò il suo assistente e lo incaricò di procurarsi il certificato storico di famiglia di Flavio Antonelli. “SUBITO!”

Si concentrò sul lavoro, doveva battere sul tempo quei due deficienti dei suoi colleghi, che avrebbero fatto carte false pur di chiudere il caso in fretta e furia.

Elisa e Bruno Marchetti terzo piano, interno 7, una coppia sulla sessantina, lavoravano tutti e due in una società di assicurazioni e aspettavano di andare in pensione. Avevano un figlio sposato da 5 anni. Anche loro dissero di non conoscere bene la vittima, solo cordiali rapporti di buon vicinato.

Daniele non era sorpreso, sapeva che era sempre così, dappertutto. Uno può abitare in un condominio anche tutta la vita senza sapere praticamente niente di chi gli abita accanto.

Elisa Marchetti, gli era sembrata un po’ strana. Esordì dicendo che le sue dichiarazioni si basavano per lo più sulle sue “sensazioni”, che sentiva l’energia positiva o negativa di persone, animali e cose. Lei vedeva cose che gli altri non vedono, ma solo perché era più attenta, più sensibile della maggior parte delle persone. Non pretendeva che io capissi, solo voleva, in tutta onestà, precisare che ciò che mi diceva era molto, ma molto, soggettivo. Secondo lei c’era qualcosa di oscuro nel professore, di maligno, che avvertiva ogni volta che lo incontrava.

Ci mancava Nostradamus. Ora che l’hanno ammazzato dice che avvertiva qualcosa” pensava Daniele mentre annuiva cortesemente.

Bruno Marchetti rispose a qualche domanda generica in modo altrettanto generico, senza fornire apporti sostanziali all’indagine, e poi si mise a guardare la televisione mentre Elisa raccontava a Daniele delle sue piante e del rapporto speciale che aveva con loro.

Nota 7)

Chiedere agli altri condomini se ritengono Elisa Marchetti normale

Era rimasta solo Giuseppina Rinaldi. Se l’era lasciata per ultima, un po’ perché abitava all’ultimo piano, un po’ perché aveva capito chi era e che cosa faceva. “Faccio la Escort”, non ci girò intorno quando le chiese qual era il suo lavoro, e lo pregò di chiamarla Giusy.

Daniele aveva già avuto modo di incontrare qualche prostituta di lusso che amava definirsi Escort, ma questa era diversa.

Era bella, ma non era solo questo. La cosa che colpiva subito era che nel suo aspetto, nell’abbigliamento, nei modi, nell’arredamento della sua casa, non c’era niente di eccessivo o di volgare, che sono gli elementi che di solito contraddistinguono una prostituta. Tutto era misurato, equilibrato, perfetto.

Era stata una conversazione gradevolissima e benché fosse già quasi l’una, Daniele non aveva nessuna fretta di andarsene. Sarebbe rimasto lì tutta la notte, se lei glielo avesse chiesto. Più lei parlava, più lui restava incantato, ammaliato dalla voce, dal sorriso, dallo sguardo, dagli atteggiamenti sensuali, apparentemente involontari. Comprese in quel momento perché certi ricconi sono disposti a pagare cachet altissimi per la compagnia di donne come Giusy. Si ritrovò, suo malgrado, a immaginare cosa fosse capace di fare a letto. Con un certo sforzo, riacquistò il controllo del suo cervello e cominciò a farle domande precise e pertinenti al caso.

Lei rispose a tutte le domande e poi precisò che, avendo uno stile di vita diverso dagli altri condomini, raramente incontrava qualcuno perché spesso lei di giorno dormiva e usciva la sera, e comunque non aveva intrecciato legami con nessuno, con un lavoro come il suo la discrezione e la riservatezza erano fondamentali. Daniele concordava.

Nota 8)

Tornare a interrogare Giusy “Per approfondire alcune dichiarazioni”, disse a se stesso.

Rileggeva gli appunti e cercava di trovare qualche elemento che lo colpisse, qualcosa da cui partire, un’intuizione. Pensò che avrebbe voluto avere la sensitività di Elisa, se mai lei l’avesse avuta davvero. Sarebbe stato comodo, toccare tutti e zac, se sentiva la scossa, avrebbe saputo chi mentiva, chi nascondeva qualcosa, chi era da escludere dai sospettati e così via.

La richiesta per avere il certificato storico di famiglia del prof Antonelli, per scoprire se c’erano familiari in giro, aveva già prodotto il suo risultato: c’era una figlia, Barbara Antonelli nata a Roma il 21 giugno 1995 di cui nessuno gli aveva parlato. Incaricò il suo assistente di rintracciarla e convocarla in Commissariato.

Doveva tornare in Via delle Azalee per parlare con Chiara Martelli, l’unica persona che non era riuscito ad interrogare, sentire di nuovo la portinaia e poi Luca Messeri. Aveva due ore di tempo prima della riunione con il capo, forse faceva in tempo.

Durante il tragitto, dalla macchina chiamò Mirko e non fu semplice convincerlo che il papà non era un bugiardo millantatore – ma chi gliele insegnava quelle parole? – Purtroppo la storiella che lui era un supereroe che combatteva il crimine e liberava il pianeta dai cattivi non funzionava più da un pezzo. Ci voleva ben altro per rabbonire suo figlio. La promessa di portarlo al Motor Show di Bologna la settimana successiva per il momento funzionò.

Mentre guidava cercava di fare il punto della situazione. Ripassava nella mente tutte le dichiarazioni che aveva raccolto e le impressioni che ne aveva ricevuto. Che cosa aveva detto la veggente? Aveva usato l’aggettivo maligno riferendosi al professore. Perché maligno? Lui era la vittima mica il carnefice. Il ragazzo, Luca, nascondeva qualcosa? La ragazza del primo piano non si era fatta trovare e non si era fatta sentire. Dov’era? Perché il professore transitava per le cantine?

Le domande, i volti e i nomi di tutte quelle persone gli vorticavano davanti come le tessere di un mosaico senza un disegno o uno schema da seguire. Non sapeva da dove cominciare. Perché non tornare da Giusy? Almeno sarebbe stato piacevole.

Gli vennero in mente le parole che gli diceva suo padre quando doveva affrontare una situazione difficile e ingarbugliata: “Questo è il mazzo di carte e con queste devi giocare”.

Racconto 9.4

Fine prima parte

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