RECENSIONE: Richard Von Sabeth – The King Of Nothing (Rehab Records, 2018)

Recensione di Gustavo Tagliaferri

Ascoltando il bel “Second Chances” la domanda sorgeva spontanea ed i più se lo ricorderanno non poco: quanto può risultare difficile cercare di reagire all’abbandono, che possa essere materiale o di natura interpersonale, portando alla luce canzoni intrise soprattutto di sensazioni di perdizione, come spiragli di luce che pur a fatica riescono a squarciare un cielo fin troppo infestato dai nuvoloni? Molto, ma visto il risultato si può tutt’ora dire che sia stato l’ennesimo obiettivo portato a compimento. Di conseguenza, nell’arco di distanza di un anno e passa, quanto a sua volta può costituire un vantaggio per sé e per la propria musica, una volta usciti dal pantano, la scelta di mettere momentaneamente da parte l’identità artistica collettiva di base sperimentando una parentesi in solo? “Second Chances”, per gli Spiral69, aveva costituito la chiusura di un cerchio e l’apertura di nuove prospettive, ma per Riccardo Sabetti, anzi, Richard Von Sabeth, non c’è apertura più adeguata di quella che una volta tanto lo vede in gioco in prima linea. “The King Of Nothing”, appunto, titolo inequivocabile per un disco che almeno una volta immagina come ci si possa sentire a superare momentaneamente il confine tra i molteplici lati della propria personalità attraverso nove tracce, solcando un terreno non tanto dissimile dal suicide pop degli amici Spiritual Front. Se la linea di separazione è, a proprio modo, costituita proprio dalla titletrack, una linea sonora in cui l’artista lascia momentaneamente dietro la componente new wave di cui è sempre stato parte integrante, quasi a scomparire sopitamente mentre il proprio grido viene soffocato tra un rumorismo industrial e l’altro di fida memoria Nine Inch Nails, per entrare in una zona più intima e personale, e se è anche vero che gli unici rimasugli della band madre sono presenti in Agony, quasi una galoppata con influssi à la Placebo trainata da espedienti electro-fuzz, è anche vero che non passino inosservate le rappresentazioni pagliaccesche e teatrali di Death Motel e Funeral Party, la prima una danza dal retrogusto westerniano in un saloon la cui bolgia va di pari passo con un incedere assassino e disperato, la seconda un possibile neofolk dai tratti sovietici tracciato sommessamente attraverso un cupo andamento, dalla caratura marziale, di fiati e pelli, la presenza di ballate animate da chitarra e pianoforte, come nel caso rispettivamente di Petrichor, tripudio di atmosfere acustiche, con qualche arpeggio dai brevi echi post-rock, che si confanno al concetto di rinascita, ad una riabilitazione interiore che è sinonimo di quiete dopo la tempesta, e The Taste, al contempo soggetta ad un excursus che mescola favorevoli contaminazioni che da electro e pop arrivano ad essere figlie di certa musica popolare, per quanto tali da affacciarsi su un cielo di ispirazione berlinese, il tutto mentre qualche accenno di espedienti dreamy, a sua volta infestato di altrettante distorsioni, viene soffocato da uno struggente andamento di archi, ben arrangiati da Arcangelo Michele Caso, quando a farsi avanti è Kiss Your Darkness (una Rose parte seconda?) ed una certa decadenza che non tarda a manifestarsi sia quando risuona il valzer via via sempre più spinto e forsennato di Dance With Ghosts, un’ondata di riff carichi e battenti e citazionismi rivolti all’Iggy Pop di The Passenger, sia quando all’estremo opposto è situata Fall, andamento cadenzato, qualche isolata drum machine ed un refrain angelico che pare racchiudere il raggiungimento di quella pace tanto bramata dal principio. Le tante facce di un io che dopo la spaccatura giunge alla ricomposizione, proprio alla luce del valore di cui, ancora una volta, brillano canzoni come queste: “The King Of Nothing” per Richard Von Sabeth è l’ennesima occasione portata ad ottimo fine che dona ai più la varietà, mai una mera chimera, a cui si è sempre amato sottoporre un artista simile senza mai ridurla ad esili briciole da lanciare al prossimo. Aspettando il ritorno degli Spiral69 non è affatto cosa da poco.

Richard Von Sabeth2Richard Von Sabeth – The King Of Nothing
(Rehab Records, 2018)

1. The King Of Nothing
2. Funeral Party
3. Dance With Ghosts
4. Petrichor
5. Kiss Your Darkness
6. Agony
7. The Taste
8. Death Motel
9. Fall

 

 

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