LE INTERVISTE DI JUST KIDS SOCIETY: BUCALONE

Intervista di Gianluca Clerici

Un grandissimo lavoro artigianale realizzato nei prestigiosi studi “House of Glass” di Gianni Bini e presso gli “MStudio Center” di Fabrizio Migliorelli. BUCALONE mette insieme la sua lunga carriera come musicista e chitarrista al seguito di grandi firme per concretizzare, in un album come questo che porta il suo nome, tutto l’universo musicale che lo ha caratterizzato negli anni. Un disco totalmente scritto, suonato e arrangiato da lui. Dal blues alle venature di quel rock on the road, dal pop alle anime nere di Soul. Bucalone in rete si fa acustico con la bellissima “Keep me in love”. Ed ecco le sue risposte alle nostre consuete domande di Just Kids Society:

Fare musica per lavoro o per se stessi. Tutti puntiamo il dito alle seconda ma poi tutti vorremmo che diventasse anche la prima. Secondo te qual è il confine che divide le due facce di questa medaglia?
Diciamo che ci sono due categorie di musicisti: quelli che fanno della loro passione un lavoro e quelli che lo fanno solamente per soldi e purtroppo artisti di questo tipo ne abbiamo parecchi in Italia. Qualsiasi musicista vorrebbe vivere di musica, diffondere il proprio linguaggio musicale suonando la proprio musica…e quando meno te l’aspetti la vita ti riserva belle sorprese, anche quando pensi che sia tutto finito… mai arrendersi al primo ostacolo, in fondo nessuno può impedirti di credere nei sogni. Poi per coloro che lo fanno per soldi… beh… non avranno vita musicale longeva…

Crisi del disco e crisi culturale. A chi daresti la colpa? Al pubblico, al mercato, alle radio o ai magazine?
La colpa va a chi non educa i propri figli all’ascolto della buona musica per poi poter arricchire il loro bagaglio culturale. La crisi discografica è un problema di tutti coloro che lavorano nell’ambito musicale, compreso me: se un disco non vende è perché il business musicale è in mano a gente che anziché valorizzare e promuovere i veri talenti ,quelli che hanno studiato e investito una vita intera sulla musica, pensano di fare soldi con personaggi dall’intelletto musicale pari a 0, presi per strada solo per la loro immagine da gossip o perché hanno avuto un dramma familiare da poterci scrivere un articolo sul giornale, e poi perché che la gente è diventata così pigra da voler sentire qualsiasi tipo di musica (gratis) sul proprio cellulare…come dice il buon Battiato “Povera Patria!”

Secondo te l’informazione insegue il pubblico oppure è l’informazione che cerca in qualche modo di educare il suo pubblico?
Dipende dall’informazione che si vuole dare al pubblico per poi educarla…Io in primis sono un educatore della musica, a scuola e sul palco. Sono io ad educare il mio pubblico, ad abituare il loro orecchio ad una musica che non ha possibilità di avere spazio nella mercato musicale, a renderli conto di quale sia la musica buona e quella “cattiva”.

La musica di Bucalone annienta i confini geografici, ci porta nell’America del rock e del blues passando per il romanticismo della nostra tradizione. In qualche modo si arrende al mercato oppure cerca altrove un senso? E dove?
Personalmente non scrivo musica per seguire la moda musicale del momento. Quello che compongo è frutto della mia ispirazione musicale scaturita da un sentimento, da un paesaggio suggestivo o addirittura da un sogno. Essendo un album composto da brani in inglese (una in italiano) fa pensare che sia un disco indirizzato verso l’estero (difatti è in promozione in Europa e America) ma è anche vero che in Italia ci sono artisti italiani che cantano in inglese e devo dire che il mio primo singolo cantato in inglese (Keep me in love) sta avendo dei riscontri molto positivi. Speriamo bene!

In poche parole…di getto anzi…la prima cosa che ti viene in mente: la vera grande difficoltà di questo mestiere?
La continuità nel portare avanti un progetto, soprattutto se reduce da un successo, e la consapevolezza di dare sempre il massimo sul palco. Al pubblico non importa se hai la febbre, una colica renale in atto o se hai litigato con la ragazza…loro sono sotto al palco per divertirsi e farsi emozionare dalla tua musica, dalle tue parole e questo non fa altro che renderti un’artista amato, apprezzato e richiesto dal pubblico.

E se avessi modo di risolvere questo problema, pensi che basti?
Il problema non sussiste dal momento in cui hai in mano la situazione e…una bottiglia di vino rosso!

Finito il concerto di Marco Viccaro Bucalone: secondo te il fonico, per salutare il pubblico, che musica di sottofondo dovrebbe mandare?
Tra le tante preferenze sicuramente “Us and Them” dei Pink Floyd sarebbe una musica di sottofondo adatta come chiusura del concerto.

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