Intervista di Gianluca Clerici
Eccovi un bellissimo disco fotografico. Mi piace molto questa definizione e voglio sposarla a pieno. Si intitola “Island Tales” pubblicato dall’attentissima RadiciMusic che da anni rivolge lo sguardo a opere di valore culturale più che meramente estetico. Un disco strumentale composto e diretto dal chitarrista Massimiliano Cusumano e dal suo collettivo di musicisti. Anche rare apparizioni corali di voci che vorrei colorare di bianco. La Sicilia narrata di un lavoro magistrale che merita ampio spazio e attenzione, soprattutto per segnalare un’altra voce e un altro modo di essere e di fare musica in questa scena italiana. Napoli come Palermo, come Genova e come il resto dei mondi di confine. “Island Tales” narra di quanto sia il mondo a portata di mano, ad approdare alle rive o a cercare contatti. Un ascolto pregiato a cui rivolgiamo le consuete domande di Just Kids Society:
Fare musica per lavoro o per se stessi. Tutti puntiamo il dito alle seconda ma poi tutti vorremmo che diventasse anche la prima. Secondo te qual è il confine che divide le due facce di questa medaglia?
Hai detto bene, sono due faccia della stessa medaglia per cui non si possono scindere. L’esigenza di comporre e di esprimersi nasce come intrinseca e si indirizza per prima verso se stessi con l’intento di fare chiarezza e conoscersi meglio, ma una volta che la composizione ha preso vita non si può tenerla per sé, diventaimprenscindibileche anche gli altri ci capiscano.In questo modo può trasformarsi in un “lavoro” seppure mantenga delle connotazioni particolari. Non credo sia una colpa desiderare vivere di quello che più ci appaga.
Crisi del disco e crisi culturale. A chi daresti la colpa? Al pubblico, al mercato, alle radio o ai magazine?
Attraversiamo senza dubbio una crisi culturale molto ampia che tocca svariati aspetti della nostra vita. Proprio in considerazione della sua portata rintracciarne le cause o le colpe diventa estremamente difficile. C’è una multifattorialitàche opera su più livelli e la crisi del disco non vi si sottrae.
Secondo te l’informazione insegue il pubblico oppure è l’informazione che cerca in qualche modo di educare il suo pubblico?
Operando su vasta scala e sul mainstream direi che l’informazione cerca senza dubbio di indirizzare il pubblico. Ma se ci fermiamo a riflettere su quante opportunità l’odierno villaggio globale offra per informarsi liberamente e approfondire ciò che più ci interessa, devo dire che il pubblico ha senza dubbio la possibilità di scegliere consapevolmente.
La musica di Massimiliano Cusumano è scrittura dello spirito e dell’anima, ma anche visione del quotidiano. In qualche modo si arrende al mercato oppure cerca altrove un senso? E dove?
Come dicevo prima il senso del proprio lavoro ha una genesi interiore. Nel momento in cui viene proiettato fuori di noi si scontra con le leggi del mercato, non sempre esse sono favorevoli ma l’importante è che non siano loro a dare forma al nostro lavoro.
In poche parole…di getto anzi…la prima cosa che ti viene in mente: la vera grande difficoltà di questo mestiere?
Avere la determinazione di credere nella propria voce.
E se avessi modo di risolvere questo problema, pensi che basti?
Indubbiamente da sola non può bastare, il confronto con gli altri è fondamentale. Aprirsi alle altre voci e agli altri pensieri e cercare una sintesi è il passo successivo.
Finito il concerto di Massimiliano Cusumano: secondo te il fonico, per salutare il pubblico, che musica di sottofondo dovrebbe mandare?
Di getto direi Miller che adoro e che stilisticamente mi assomiglia, ma nella musica bisogna essere aperti e accettare tutto.