LE INTERVISTE DI JUST KIDS SOCIETY: FANCE

Intervista di Gianluca Clerici

Esordio per Fabrizio Fancelli in arte FANCE che pubblica “Indeed”, un lavoro dal gusto New-Wave importante, dalle chiare radici di un rock internazionale che richiama inevitabilmente nomi come Bowie, Depeche Mode e compagnia cantando. E quel certo modo di fondere assieme italiano e inglese ma anche una forma canzone pop a quella di direzioni inglesi, rende il lavoro interessante, ingenuo nelle sue forme melodiche ma ricco di contenuti e momenti di pregiato gusto. Sono gli esordi i veri protagonisti di questa rubrica che a suo modo cerca di indagare sui profili e gli sguardi dei tanti che mettono un piede importante nella nuova scena discografica italiana. Parola dunque a FANCE per le consuete domande di Just Kids Society:

Fare musica per lavoro o per se stessi. Tutti puntiamo il dito alle seconda ma poi tutti vorremmo che diventasse anche la prima. Secondo te qual è il confine che divide le due facce di questa medaglia?
Nel mio caso la musica l‘ho composta per me stesso e per le mie figlie. Era un sogno nel cassetto che ho realizzato e sono estremamente contento di questo!
Sono consapevole che é difficilissimo vivere di musica per questo ho deciso di mettere mano a questo progetto due anni fa, attingendo a tante bozze da anni messe nel cassetto, mentre nel frattempo mi sono creato una professione di discreto successo grazie agli studi universitari e continua formazione.

Crisi del disco e crisi culturale. A chi daresti la colpa? Al pubblico, al mercato, alle radio o ai magazine?
Non saprei. Posso dire che oggi con i digital stores e gli streamings on demand l’offerta musicale si è ampliata moltissimo appannaggio del pubblico che é libero di ascoltare quello che vuole e di scoprire nuovi gruppi prima sconosciuti. Dico questo perché la stessa cosa é successa e succede a me. Per tale motivo, tale “democrazia” musicale permette di capillarizzare il mercato musicale che inevitabilmente riduce i picchi di ascolto e permette anche ad un artista emergete come me di far ascoltare la mia musica all’estero. Il mese scorso su Spotify nel mio piccolo, anzi minuscolo, senza nessuna promozione oltre confine, ho avuto 750 ascoltatori dagli USA e oltre 350 dalla Germania. Mi fa molto piacere questo e conferma quanto detto sopra.

Secondo te l’informazione insegue il pubblico oppure è l’informazione che cerca in qualche modo di educare il suo pubblico?
Secondo me entrambe sono collegate. È tutto marketing. In primo luogo l’informazione deve seguire i bisogni del pubblico e poi cerca di incanalare con forza nella direzione voluta…questo é commercio.

Con FANCE si torna a parlare di rock alternative, dal retrogusto new-wave anni ‘90. In qualche modo si arrende al mercato oppure cerca altrove un senso? E dove?
Ho voluto creare un album che piacesse a me sia nei testi che nelle parole. Il fatto che mi stiano ascoltando e che mi crescano in modo considerevole gli streamings, mi da molta soddisfazione.
Il alcuni brani ho voluto osare sia nei testi che nella musica cercando di spingermi verso una dimensione nuova che in alcune recensioni indipendenti é stata apprezzata.

In poche parole…di getto anzi…la prima cosa che ti viene in mente: la vera grande difficoltà di questo mestiere?
C’é tanta offerta musicale e c’é potenzialmente spazio per tutti, ma notato che per farsi conoscere, se non sei supportato da una Major che investe molto su di te, i risultati sono difficilissimi da ottenere.

E se avessi modo di risolvere questo problema, pensi che basti?
Non saprei perché non ho avuto tale esperienza.

Finito il concerto di Fance: secondo te il fonico, per salutare il pubblico, che musica di sottofondo dovrebbe mandare?
Arcade Fire, The Foals o Blonde Redhead

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