INTERVISTE: RANDOM CLOCKWORK

Intervista di Gianluca Clerici

Esordio di grandissimo spessore internazionale quello che segnaliamo a firma dei Random Clockwork, Formazione ciociara che è in scena ormai da qualche anno ma che solo ora concretizza la produzione e la pubblicazione di questo primo lavoro davvero molto interessante. Un post-rock alternativo in cui il suono digitale configura tutte le visioni in un elettro-pop dove non mancano soluzioni sexy per le melodie e gli incisi. Maschere da animali ma anche facce pulite di chi ha sulle spalle carriera e maturità. La produzione di Valerio D’Anna dello studio Domus Vega di Isola del Liri (FR) ma anche la sua scrittura delle musiche, le tessiture degli arrangiamenti, la voce di Danila Monfreda che culla con seduzione decisa e spigolosa fanno di questo “Wires” un lavoro che trascina le abitudini italiane in un “altrove” che porta solo aria buona alle tante menti ormai stanche.

random cover

Esordio che parte dalla New Wave e sfocia in uno scenario urban alternativo assolutamente digitale. E tutto questo perché? Cioè da quale realtà provenite che ha saputo realizzare una simile miscela?
Proveniamo dall’alternative anni 90, specialmente quello che cominciava a contaminare il rock con l’elettronica. Nel nostro caso siamo su un livello di contaminazione del 60%. Tutto questo ovviamente rispondendo alla vostra domanda, e con il senno di poi. Nel senso che la commistione fra i generi è venuta in modo del tutto spontaneo, in base ai nostri ascolti individuali.

E dentro questo disco, quanto “Pop” avete inserito? Quante e quali sono le strutture “normali” che avete rispettato?
La voce di Danila ed alcune delle sue linee melodiche sono la componente pop che facilitano l’ingresso ad un sound che non lo è affatto. Nella maggior parte dei casi la struttura dei brani è pressoché normale. In altri ci siamo concessi strutture più progressive per così dire, come Inanna e Macula. In generale abbiamo sempre cercato di non essere prolissi più del dovuto.

“Wires” sembra indicare le “connessioni” che ci sono tra le persone. Io penso siano più le “connessioni” che ognuno ha con se stesso… ci dite la vostra?
Come si suol dire, ognuno ci vede ciò che vuole, l’importante è la suggestione. Per quanto ci riguarda Wires parla di quei legami invisibili e al tempo stesso indissolubili fra persone, presenti o scomparse (mai del tutto per l’appunto), luoghi, animali, astri addirittura, che intrecciandosi creano l’arazzo della nostra esistenza.

Gli U2 scrivevano “Bring me the horizon”. Voi invece “Event Horizon”. Colgo l’occasione per citare Bono e compagni solo per prendere spunto da un titolo che – in forme non troppo distanti – ricerca nell’orizzonte un senso da dare all’immediato che abbiamo attorno. Cos’è per voi l’orizzonte?
Nel caso specifico di questo brano, l’orizzonte in questione è il cosiddetto Orizzonte degli Eventi, ovvero la linea che delimita l’ingresso in un buco nero, superata la quale nulla può tornare indietro, neanche la luce. E’ il punto di non ritorno per antonomasia. Ad attenderci c’è solo la grande incognita di un salto nel buio. Eppure anche questo suscita tremendamente la curiosità umana, e non abbiamo dubbi che se mai sarà possibile, fra millenni magari, qualcuno della nostra specie si presterà a valicare la soglia.

Lasciatemi dire che ascoltando “Inanna” sembra quasi provenga da un altro disco. Che sia questo il momento più “pop” del disco? Le virgolette sono sempre un dovere in casi come questo…
Hai una strana concezione del “pop”, considerando il minutaggio più lungo di tutti, l’andamento in cinque quarti, e le sezioni strumentali dilatate e con cambi di ritmo… Probabilmente la linea melodica ironicamente solare del ritornello ha funzionato. Ben venga!

Dal vivo quanto di questo suono viene replicato? Quanto di questo disco invece viene lasciato solo su disco?
Dal vivo viene replicato nella sua interezza, con l’aggiunta di un range dinamico più ampio ed il fattore emotivo unico ed irripetibile di ogni singolo concerto. Nulla viene lasciato solo sul disco, perché il disco stesso è concepito per essere suonato dal vivo. E’ proprio il nostro approccio alla composizione, come se fossimo una band che utilizza strumenti tradizionali.

A chiudere: mi sarei aspettato un video ufficiale decisamente più evanescente e digitale. Come mai questa scelta assai anni ’90?
Sicuramente perché li abbiamo nel sangue. Scherzi a parte, abbiamo prodotto diversi videoclip (al momento solo due pubblicati ), ognuno dei quali ha uno stile diverso a seconda del brano. Ti invitiamo a vedere anche gli altri (in particolare quello di Wires) quando usciranno perché forse rispetteranno le tue aspettative.

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