LE INTERVISTE DI JUST KIDS SOCIETY: CHRISTIAN FROSIO

Intervista di Gianluca Clerici

Esordio che arriva da Bergamo, città sempre poco presente dentro le cronache discografiche. Christian Frosio pubblica il suo primo disco di inediti dopo aver dato alla luce una piccola carriera di bei traguardi in cui ha disseminato la voce di due dei brani che in questo disco tornano a vivere di un mix rivisitato e più coerente alla bellezza del disco finale. Il suono del grande pop italiano, quello “sinfonico” di arrangiamenti solenni. Un disco di grandissime prospettive questo dal titolo “Mille direzioni”. Noi, come sempre qui a Just Kids Society, lo conosciamo pizzicandolo sul piano sociale.

Parlare di musica oggi è una vera impresa. Non ci sono più dischi, ascolto, cultura ed interesse. Almeno questa è la denuncia che arriva sempre da chi vive quotidianamente il mondo della cultura e dell’informazione. Che stia cambiando semplicemente un linguaggio che noi non riusciamo a codificare o che si stia perdendo davvero ogni cosa di valore in questo futuro che sta arrivando?

È una domanda difficile, ma la sensazione è questa, anche se come sappiamo chi è dentro la storia fa fatica a determinarne le ricadute.

Quello che penso è che, avendo tutto a portata di un click e con la pretesa che sia gratis, l’ascolto oggi ne soffre. Se una cosa non ti cattura subito, allora passi alla successiva, quando magari bisognerebbe fermarsi un attimo.

Io paragono l’ascoltatore di oggi ad un bambino con mille giochi. Alla fine finisce con giocare con tutto e niente, prende una cosa e subito la butta via perchè si dirige subito su qualcos’altro…è come un cane che si morde la coda continuamente e si fa un gran male senza saperlo.

Detto questo credo che ci siano comunque molte cose interessanti in giro, solo che sono sommerse e non trovano spazio. 

E se è vero che questa società del futuro sia priva di personalità o quanto meno tenda a sopprimere ogni tipo di differenza, allora questo disco in cosa cerca – se cerca – la sua personalità e in cosa cerca – se cerca –  l’appartenenza al sistema?

Io credo che ogni persona, nel momento in cui si mette all’ascolto della sua natura, sia unica. In questo senso nel disco seguo un principio di onestà e di verità. Scrivo di quello che sono, seguo il mio gusto musicale e il mio istinto, senza seguire alcuna tendenza. Ovviamente sono figlio anche io dei miei ascolti, e ho le mie influenze, ma ho sempre cercato di fare un lavoro estremamente personale. Non cerco alcuna appartenenza, cerco solo di rispettare la mia natura. Credo che ascoltarsi sia definirsi, e che la musica se sa ritornare ad un processo di ascolto interiore, può offrire l’opportunità per contrastare, attraverso l’identità dell’individuo, quel processo di massificazione di cui parli.

Fare musica per il pubblico o per se stessi? Chi sta inseguendo chi?

Con il primo lavoro pubblicato mi sono trovato a riflettere su questo punto su cui mi interrogavo da tempo. E devo dirti che mi sono messo più a fuoco. Io ho sempre scritto per me stesso, come necessità, ma una volta pubblicata la mia prima canzone, ho da subito capito che questa apparteneva più agli altri che a me, e che quindi ognuno se ne poteva impossessare per usarla come meglio credeva. In questo senso, partendo da me stesso, alla fine scrivo per gli altri, sperando di restituire qualcosa e che qualcuno ascoltando un mio brano possa conoscersi meglio e stare bene. 

E restando sul tema, tutti dicono che fare musica è un bisogno dell’anima. Tutti diranno che è necessario farlo per se stessi. Però poi tutti si accaniscono per portare a casa visibilità mediatica e poi pavoneggiarsi sui social. Ma quindi: quanto bisogno c’è di apparire e quanto invece di essere?

Apparire con la sostanza del contenuto può creare una comunicazione positiva. Dal canto mio, siccome i social attualmente determinano per gli altri la tua esistenza di artista, ti dico che cerco quantomeno di sviluppare dei contenuti personali per veicolare quello che accade intorno alle mie canzoni e i pensieri che stanno dietro certe scelte artistiche. Il social può essere in questo senso un’opportunità, anche se in fondo se ne sente davvero la necessità? Potremmo farne a meno, dopo un periodo di disintossicazione, e ritornare alla musica. Poi ti dico anche che non ho la capacità di essere presente in maniera ossessiva sui social, faccio fatica. Perché in fondo non ho tutto questo che da dire di così speciale ogni giorno. Dobbiamo per forza strabiliare gli altri? Io faccio anche una giornata intera chiuso in casa senza parlare con nessuno. E in certi giorni non ho niente da dire o quello che mi passa per la testa o che vivo, non mi va di renderlo pubblico. Già ci sono le canzoni che mi mettono a nudo, e credimi, non è facile.

La spiritualità del pop dietro suoni che abbracciano l’uomo e la sua passione. Un disco di mestiere artigiano e di sguardo alle trame del sentire più che dell’apparire. Un’opera dell’arte e dell’ingegno, come questo disco, vuole somigliare alla vita di tutti i giorni oppure cerca un altro punto di vista a cui dedicarsi?

Entrambe le cose. Voglio somigliare alla vita di tutti i giorni, alla regolarità di alcune cose, agli affetti intorno, ma allo stesso modo forzare la mano sulle situazioni, per romperle e andare oltre, a volte anche solo con l’immaginazione.

Parliamo di live, parliamo di concerti e di vita sul palco. Anche tutto questo sta scomparendo. Colpa dei media, del popolo che non ha più curiosità ed educazione oppure è colpa della tanta cattiva musica che non parla più alle persone o anzi le allontana?

Quello che posso dire è che la colpa non è mai del pubblico, ma del musicista. Bisogna assumersi le proprie responsabilità. Se pretendi l’ascolto, fai si che la tua musica pretenda un ascolto attraverso i tuoi contenuti. Se penso all’ascoltatore ideale della mia musica, penso a qualcuno che si dedica all’ascolto intero dell’album. Ho studiato l’ordine delle canzoni pensando a questo percorso di ascolto. So di chiedere tanto, ma devo farlo. Riguardo i locali che fan suonare per fortuna ce ne sono, non così tanti come l’offerta di chi vuole suonare. E’ certo che molti sono in difficoltà. Organizzare musica dal vivo è difficile, ci sono tante spese e tanti sono con l’acqua alla gola.

E quindi, anche se credo sia inutile chiederlo ai diretti interessati, noi ci proviamo sempre: questo lavoro quanto incontra le persone e quanto invece se ne tiene a distanza?

Io spero e mi auguro di incontrare le persone, cercando di farle “vibrare per simpatia”, un termine che si usa quando due strumenti entrano in risonanza muovendosi sulle stesse frequenze. E già qualche messaggio positivo in questo senso sta arrivando. Ovviamente saranno le evoluzioni del mio progetto a rispondere alla tua domanda.

E per chiudere chiediamo sempre: finito il concerto di Christian Frosio, il fonico che musica dovrebbe mandare per salutare il pubblico?

“Division Bell” dei Pink Floyd….adoro quel disco. Magari con il brano “Coming Back To Life”….credo si sposerebbe bene sia dopo un mio concerto acustico o elettrico. Manterrebbe l’ascoltatore in una fase di sospensione.

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