LE INTERVISTE DI JUST KIDS SOCIETY: MODER

Intervista di Gianluca Clerici

Artista presente sulla scena ormai da 20 anni, figlio di quel collettivo che è la base e il sangue del rap urbano e dell’RnB internazionale. Lasciamo girare questo nuovo disco di MODER dal titolo “Ci sentiamo poi”, omaggio al tempo in tutte le sue derive, canzoni di denuncia contro questo incedere senza sosta e senza tempi umani. Una forma canzone che dal canonico di questo genere arriva a prendere forme anche di ballad e di pop senza mai abbandonare le linee maestre. Tra le featuring di questo “collettivismo” troviamo Murubutu, Claver Gold, Stephkill e Dj 5L. Non potevamo che rivolgere ad un artista urban come MODER le consuete domande di Just Kids Society:

Parlare di musica oggi è una vera impresa. Non ci sono più dischi, ascolto, cultura ed interesse. Almeno questa è la denuncia che arriva sempre da chi vive quotidianamente il mondo della cultura e dell’informazione. Che stia cambiando semplicemente un linguaggio che noi non riusciamo a codificare o che si stia perdendo davvero ogni cosa di valore in questo futuro che sta arrivando?

Credo sia cambiata la modalità di fruizione e di informazione sulla musica, stanno spopolando magazine su instagram per esempio alcuni davvero belli. Credo che esista sempre più  gente che ascolta musica in maniera consapevole, il problema se mai è che forse la dimensione collettiva sta venendo meno, più che all’esperienza si guarda al numero e questo sulla lunga distanza crea problemi proprio culturali sulla funzione dell’arte e della cultura nella società. La musica può ancora cambiare le cose? o è solo passatempo individuale? gli artisti hanno la grande colpa di aver accettato tutto sempre senza mai chiedersi dove si andava.

E se è vero che questa società del futuro sia priva di personalità o quanto meno tenda a sopprimere ogni tipo di differenza, allora questo disco in cosa cerca – se cerca – la sua personalità e in cosa cerca – se cerca –  l’appartenenza al sistema?

Ho voluto fare un disco di canzoni, sulla lunga distanza restano solo le canzoni, per farti un esempio negli ultimi anni ho approfondito molto Cremonini autore che spesso a causa della sua popolarità viene snobbato, ho invece scoperto una penna e una sensibilità da gigante vero. In “Ci sentiamo poi” volevo togliere ogni orpello che tutti potessero capire, ma misurandomi con chi sono DEVVERO, volevo costruire un percorso fatto di influenze musicali, letterarie, personali ma senza l’effetto della masturbazione intellettuale. La musica è come l’acqua si adatta ad ogni contenitore e trova il modo di distruggere ogni argine, ma per farlo deve essere libera, l’autore non deve frenarla col suo ego o le sue nevrosi. Ecco in questo disco come mai prima parlo una lingua mia ma che può essere capita da tutti.

Fare musica per il pubblico o per se stessi? Chi sta inseguendo chi?

Bella domanda. In questo mondo dove le barriere si annullano attraverso i social a volte il pubblico entra così in contatto con gli artisti che è come si lavorasse insieme per raggiungersi. Io voglio portare la mia musica a più gente possibile sarei falso a dire il contrario ma “Il come” non è un dettaglio è ciò che di solito si chiama poetica.

E restando sul tema, tutti dicono che fare musica è un bisogno dell’anima. Tutti diranno che è necessario farlo per se stessi. Però poi tutti si accaniscono per portare a casa visibilità mediatica e poi pavoneggiarsi sui social. Ma quindi: quanto bisogno c’è di apparire e quanto invece di essere?

Credo che la musica come molte altre cose si basi su mille fattori contingenti: esistono prodotti musicali che servono a intrattenere, divertire, dividere, la viralità si dice. Ecco detto ciò esistono bisogni che l’uomo ha dalla notte dei tempi e non cambiano con le epoche fare musica di un che rispecchia che muove certe corde intime rientra tra questi bisogni. Ora rigirando la domanda quanto il settore musicale degli addetti ai lavori cerca ciò che già funziona oppure quanto riesce a orientare un fascio di luce dove è buio? Qui tutti provano ad avere il rancio. Opere d’arte incredibili hanno numeri relativamente bassi ma se la musica è buona continua a espandersi piano, tra le persone, in maniera forse disordinata ma costantemente, fare musica che sopravviva al tempo in questa fase è l’unica sfida possibile, nel gioco delle mode ci sarà sempre il più giusto per quel momento ma il tempo spazza via tutto ciò che è dimenticabile. Ovvio però che senza promozione oggi fai davvero fatica occorre studiare un modo per trovare visibilità essendo fedeli a se stessi.

Un disco che deraglia dalle tradizionali linee del rap e RnB. Un lavoro che accetta anche variazioni metriche e di stile, melodie forti ma anche semplicità pop. Un’opera dell’arte e dell’ingegno, come questo disco, vuole somigliare alla vita di tutti i giorni oppure cerca un altro punto di vista a cui dedicarsi?

Questo disco prova ad aprire spiragli altri nella vita di tutti i giorni, mi viene i mente De Chirico che sovrappone a Ferrara il suo mondo interiore, o alle opere di Eron che su dipinti realistici innesta immagini che squarciano il reale. Non mi voglio paragonare a questi due grandissimi diciamo che nel mio piccolo ho provato a fare lo stesso.

Parliamo di live, parliamo di concerti e di vita sul palco. Anche tutto questo sta scomparendo. Colpa dei media, del popolo che non ha più curiosità ed educazione oppure è colpa della tanta cattiva musica che non parla più alle persone o anzi le allontana? 

Un mio caro amico dice che il livello basso delle proposte live spesso allontana le persone, forse ha ragione. Credo che l’unica via sia costruire un percorso all’interno delle programmazioni in modo da diventare un punto di riferimento nel territorio dove si opera (in questo caso smetto le vesti da musicista e metto quelle del direttore artistico e organizzativo che ricopro al Cisim). Posso dire che per un musicista non esiste miglior promozione del live il mio album precedente è andato bene proprio grazie ai live….. Credo serva sempre più dedizione da parte dei musicisti per far rinascere il settore, e se mi permetti una rivisitazione delle richieste, la moda del gonfiare i Cachet per far mangiare chiunque attorno ha DEMOLITO la vita di promoter e club.

E quindi, anche se credo sia inutile chiederlo ai diretti interessati, noi ci proviamo sempre: questo lavoro quanto incontra le persone e quanto invece se ne tiene a distanza?

Non te lo saprei dire il tentativo è quello di avvicinarle, poi sarà il tempo a dirlo.

E per chiudere chiediamo sempre: finito il concerto di MODER, il fonico che musica dovrebbe mandare per salutare il pubblico? 

Rino Gaetano “Mio fratello è figlio unico”.

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