LE INTERVISTE DI JUST KIDS SOCIETY: I TUGO

Intervista di Gianluca Clerici

Parlando di metamorfosi e di nuove direzioni. Parlando di suoni buoni da dare alla propria rinascita. Sono i TUGO che fanno il loro “esordio” dopo anni di carriera con altro nome e altre facce, dopo anni di musica consumata tra i percorsi della provincia italiana e non solo. Ed oggi serve una nuova voce ed un nuovo volto da dare a se stessi e alla propria musica prima di tutto. I TUGO pubblicano “Giorni” di cui ci auguriamo arrivi presto anche un video ufficiale. Un piccolo EP che segna a fuoco quella linea di confine tra pop e rock, tra main stream e indipendenza di stile e di target. Un disco pulito, sincero, altamente ispirato e soprattutto, per la maggior parte della sua produzione, registrato dal vivo in studio. Un disco suonato come si dice da tempo… a loro le nostre consuete domande di Just Kids Society.

Parliamo di musica o di gossip? Oggi il mondo sembra più attento agli effetti di scena, da dare in pasto al giornalismo e alle tv più che ai contenuti degli artisti. Ecco la domanda: perché qualcosa arrivi al pubblico di questo presente meglio badare quindi alla scena o restare fedele ai contenuti?
Non facile rispondere, negli anni passati la musica che poi rimaneva nel cuore si cementava dal palco, live dopo live, kilometro dopo kilometro e solo chi aveva non solo tanto talento ma anche tanta perseveranza riusciva a combinare qualcosa. Oggi sembrano contare di più le emoticon delle stories su instagram e i like che tutto il lavoro e lo studio, col risultato che la stessa musica sembra essersi fatta più volatile, le uscite musicali spesso esauriscono la loro risonanza nel giro di poche settimane o anche meno, poi si fa posto al video più adatto al meteo della stagione successiva. Fortunatamente c’è chi fa eccezione e chi ha trovato il giusto compromesso

Guardiamo sempre al passato, alle radici, ai grandi classici per citare insegnamenti e condizionare le mode del futuro. Perché? Il presente non ha le carte per segnare una nuova via?
Credo sia normale in ogni epoca, specialmente ora che tutto corre così rapido, probabilmente tra dieci anni guarderemo con nostalgia al momento attuale e così via. Una cosa positiva oggi c’è ed è l’immensa disponibilità di opzioni per fare musica anche soli nella propria cameretta, questo oggi sembra creare molta confusione ma la varietà non può che generare nuove idee e impulso artistico, tra qualche anno sicuramente il tempo avrà fatto la sua selezione e vedremo cosa sarà rimasto, la nostra opinione è che saranno quegli artisti che dal passato hanno tratto tutti gli insegnamenti possibili, rendendoli propri ed attuali.

Che poi di fronte alle tante trasgressioni che ci vengono vendute dalle televisioni, quante sono davvero innovative e quante sono figlie sconosciute e mascherate di quei classici anche “meno famosi” di cui parlavamo poco fa?
Di completamente nuovo ad oggi non si sente molto, ma non si può essere innovatori senza essersi guardati alle spalle, non ci si inventa un sound da zero se non si è passati attraverso un percorso musicale. Bisogna però fare una doverosa distinzione, c’è che guarda al passato con ammirazione, lo reinterpreta e lo usa come strumento creativo e chi si limita al copiaincolla, troppe produzioni sembra studiate a misura appunto per ricalcare qualcosa che “funziona”.

Scendiamo nello specifico di questo disco, un primo Ep di quel grunge americano che aveva già cambiato faccia e nome e si era tradotto nel nostro pop accogliendo tutte le soluzioni di rito. Un EP che celebra l’istinto dei ragazzini ancora adolescenti e il mestiere di anni di live, rigorosamente analogici. Dunque come può parlare al pubblico di oggi che sta continuamente con i telefonini in mano a cercare di identificarsi dentro suoni digitali di format discografici ciclicamente copiati e riproposti?
La risposta sta nel filtro che la musica fortunatamente attua da sola, c’è ancora chi cerca i suoni veri, analogici e ad alto volume e ci sarà sempre, rock never dies anche se qualche volta se ne sta a casa in pantofole e lascia spazio sui palchi a ragazzini con la base e il playback…

Parliamo di cultura e di informazione. Siamo dentro un circo mediatico dalla forza assurda capace di fagocitare le piccole realtà, anzi direi tutte le realtà particolari di cui parlava Pasolini. La musica indipendente quindi che peso continua ad avere? Oppure viene lasciata libera di parlare tanto non troverà mai terreno fertile di attenzioni? Più in generale, la musica può tornare ad avere un peso sociale per la gente quotidiana?
Purtroppo l’informazione e i media più che un mezzo, un veicolo di accesso all’arte ed alla cultura, a volte diventano una barriera, se sei un buon musicista ma non sei fotogenico avrai sempre la strada in salita. Tuttavia è in questi momenti che l’alternativa assume importanza, diviene il vero mezzo di stimolo e creatività. Ci sono stati molti periodi nella storia musicale contemporanea in cui la massa si è concentrata su un genere, un look, una tipologia di ascolto, ma le mode passano e di solito a spazzarle via è una ventata di freschezza che arriva da quelli che non fino a poco prima si filava nessuno.
Il significato della musica indipendente è sempre stato questo, uscire dai canali e dalle briglie per creare in libertà e senza costrizioni di nessun tipo. La musica ha ed avrà sempre un peso sociale, pensiamo ai mesi passati chiusi in casa che abbiamo dovuto trascorrere, senza musica come sarebbero stati?

E restando sul tema delle trasformazioni: vinile, CD o canali digitali? Oggi in fondo anche la musica è gratis, basta un click… è segno del futuro o è il vero cuore della crisi? Che poi tutti condannano la gratuità però tutti vogliono finirci su Spotify…
Per l’ascolto a casa? Vinile senza dubbio, altrimenti che gusto c’è? Il cd ad oggi sembra il canale più in crisi, sepolto dalle miriadi di mp3 spesso di qualità inascoltabile. Il digitale è sicuramente il presente, il metodo migliore per arrivare a più orecchie possibili (e se parliamo di band emergenti come noi soprattutto), anche se il dilemma della musica non pagata e sempre a disposizione di tutti non può che presentare il conto e svalutare il lavoro di band, produttori, studi etc… Per fortuna dopo anni di compilation scaricate da youtube l’amore per l’ascolto sta tornando e il live e speriamo che aumenti sempre più.

A chiudere, da sempre chiediamo ai nostri ospiti: finito il concerto dei TUGO, il fonico cosa dovrebbe mandare per salutare il pubblico?
Dipende..se si è divertito e vuole bersi una birra con noi potrebbe scegliere “Dancing Shoes” degli Arctic Monkeys, se vuole andare a casa e deve scacciare il pubblico una bella compilation di canti gregoriani alzati di due ottave (chiedo perdono, faccio il fonico di mestiere e non sono nuovo a questi mezzucci…).

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