LE INTERVISTE DI JUST KIDS SOCIETY: DALIA BUCCIANTI

Intervista di Gianluca Clerici

Altra nuova voce di questo scenario italiano che se la gioca su due fronti sempre più distanti tra loro. Se da una parte c’è il futuro digitale del nuovo pop, dall’altra c’è il classico rock nostrano di strofe, ritornelli e special all’occorrenza. Il tutto dentro suoni reali (quasi sempre, quasi tutti), il tutto dietro l’effige non solo di miti, ma anche di mode ormai vintage. Dalia Buccianti incarna tutto questo con molta leggerezza e gusto, ci ricorda una Gianna Nannini dei tempi d’oro ma sa anche come lasciare sul tavolo delle scommesse buone personalità. Insomma, indaghiamo con lei tra le sue pieghe con il solito treno di domande di Just Kids Society.

Iniziamo sempre questa rubrica pensando al futuro. Futuro ben oltre le letterature di Orwell e dei film di fantascienza. Che tipo di futuro si vede oltre l’orizzonte? Il suono tornerà ad essere analogico o digitale?
Vorrei tanto sapere come sarà il futuro. Nel mio immaginario perfetto, ci sarebbe sicuramente (mi auguro) un ritorno alle origini. La storia ci insegna che siamo sempre arrivati a un certo punto per poi tornare indietro, e in questo modo siamo andati avanti. Non so se abbia un senso questo discorso, ma spero che un giorno potremo tutti quanti ritrovare un tempo ormai andato. Il tempo delle vere emozioni.
Il suono secondo me l’importante è che ritorni, che sia analogico o digitale, spero che di più che torni un’autenticità.

I dischi ormai hanno smesso di avere anche una forma fisica. Paradossalmente torna il vinile. Ormai anche il disco in quanto tale stenta ad esistere in luogo dei santi Ep o addirittura soltanto di singoli. Anche in questo c’è un ritorno al passato. Restiamo ancora dentro al futuro: che forma avrà la musica o meglio: che forma sarebbe giusta per la musica del futuro?
Sicuramente la forma più giusta per un futuro musicale roseo sarebbe quella di far tornare la meritocrazia di un tempo, che oggi non esiste più. Stessa cosa per la qualità delle canzoni che ascoltiamo.

La pandemia ha trasposto il live dentro incontri digitali. Il suono è divenuto digitale anche in questo senso… ormai si suona anche per interposto cellulare. Si tornerà al contatto fisico o ci stiamo abituando alle nuove normalità?
Io spero di tornare al contatto fisico, altrimenti la musica non avrebbe più senso di esistere, almeno per quanto mi riguarda la musica è un contenitore fatto di persone in carne d’ossa e queste tecnologie di oggi non andranno mai a sostituire il vero calore umano.

Ed è il momento di parlare di questo nuovo progetto di Dalia Buccianti. Anche qui parliamo di singoli che piano piano stanno seminando il tuo percorso. Il pop è uno stile che non morirà mai… le tue derive poi sembrano essere macchiate di rock. Come fosse un enorme puzzle: come si inserisce dentro una scena ampiamente devota alla musica leggera digitale, immediata e quasi sempre densa di contenuti superficiali?
Secondo me, a lunga andare se cantando racconti delle storie vere, ricche di contenuto e di significato, prima o poi entrerai nel cuore delle persone, perché come hai scritto tu, certe canzoni non muoiono mai, e non sono tanto presuntuosa da dire che io in prima persona lascerò il segno, però questo genere di canzoni sono sicura che continueranno a colpire sempre e altri contenuti superficiali andranno ad esaurirsi nel tempo.

E poi tutti finiamo su Spotify. Parliamo tanto di lavoro ma alla fine vogliamo finire in un contenitore in cui la musica diviene gratuita. Non sembra un paradosso? Come lo si spiega?
Sfondi una porta aperta. Il mio obbiettivo non è infatti quello di finire su Spotify o su altre piattaforme, anche se al momento ci sono dentro. L’investimento che c’è dietro al mio progetto, mira a tutt’altro. Ci sono quelle cose ormai oscure chiamate concerti! Mi auguro di farne tanti!

Dunque apparenza o esistenza? Cos’è prioritario oggi? La musica come elemento di marketing pubblicitario o come espressione artistica di un individuo?
Io credo che oggi conti di più l’apparenza piuttosto che l’esistenza e che la maggior parte degli “artisti” vengano presi in considerazione per marketing e non per la loro espressione artistica.

A chiudere, da sempre chiediamo ai nostri ospiti: finito il concerto degli OUTWAVE, il fonico cosa dovrebbe mandare per salutare il pubblico?
Il fonico secondo me alla fine del mio concerto dovrebbe mandare Don’t look back in anger degli Oasis, è molto evocativa, ci starebbe proprio bene!

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