LAS NENAS ENTREVISTAN: MANUELA ZERO

Intervista a cura di Las Nenas

Manuela Zero

Ciao Manuela Zero, benvenuta nella nostra rubrica Las Nenas entrevistan. Possiamo dire che sei un’artista a 360 gradi: sei una cantautrice, ballerina e attrice. Ti abbiamo scoperto ascoltando Amaritudine in cui canti con Nya de la Rubia.

Ciao las Nenas! Io ho un amore per la Spagna. Il mio amore per la Spagna nasce dal fatto che è una lingua e una terra che mi piace tantissimo! Il mio featuring con Nya nasce da un’unione intellettuale molto forte. Abbiamo fatto un featuring a distanza che non è semplicissimo. Anche io sono una fan della Spagna.

Da dove nasce questa tua attenzione all’arte? Sei stata influenzata dalla terra in cui sei cresciuta? Sorrento e Napoli? Ce lo puoi spiegare anche presentandoci il tuo nuovo progetto perché abbiamo letto su Instagram che è da dove nasce tutta la tua storia.

La mia storia nasce da casa mia. Io sono nata a Piano di Sorrento. Tutto quello che scrivo è legato alla mia terra, la mia famiglia, le mie origini. Sicuramente ho avuto dei genitori che mi hanno dato la possibilità di studiare molto e di contaminare le mie origini con altri mondi.

La tradizione nella mia terra è ovunque: tu arrivi a Napoli e vai poi fino a dove sono nata io, la tradizione è onnipresente. Quando ho incominciato a scrivere musica per me, io scrivo musica e testi, ho pensato:

Come faccio a equilibrare la mia tradizione, non eliminarla, ma fare qualcosa che sia più bello della mia tradizione? Come faccio a trovare un equilibrio tra la mia tradizione e qualcosa di nuovo?

Il mio nuovo progetto ha questo obiettivo, quello di riportare la tradizione dei suoni, che appartengono al calore della mia terra, ma contaminarla con dei suoni che hanno un’estetica più moderna, con la Tech-House, con dei suoni che rimandano a qualcosa di futuristico.  Mi sono fermata un anno e mezzo per riproporre qualcosa perché volevo creare questa unione. Non è facile trovare l’equilibrio tra quello che mi appartiene, la mia tradizione che è meravigliosa, e scardinare la tradizione per proporre qualcosa di nuovo. Per farlo devi essere rispettosa della tradizione, ma devi avere anche il coraggio di azzardare cose nuove e queste due cose devono stare bene insieme!

A proposito del tuo legame con la tua tradizione, noi lo abbiamo notato ascoltando i tuoi brani. Uno dei tuoi tratti distintivi è che leghi la lingua italiana con il dialetto napoletano. Lo farai anche in questo progetto?

In questo progetto sicuramente ci saranno dei brani dove io ripropongo il napoletano. Ci sarà una traccia Tech-House dove io canterò solo in napoletano. Ci saranno però anche canzoni solo in italiano perché il napoletano nel mio progetto arriva quando io ho l’esigenza di scrivere in napoletano, quando io non riesco a trovare la forza di esprimermi con le parole in italiano. C’è il ritornello di una canzone del nuovo progetto che dice: “sentì a’ paurà ca’ rinto a chistu core nun fa cchiu’ rummore” – “senti la paura che dentro a questo cuore non fa più rumore”; in italiano non rendeva abbastanza.

Lo scopo del progetto in realtà è arrivare a comunicare a più persone quale che sia il mio messaggio. Molte persone magari possono pensare che il napoletano possa chiuderti dentro ad un mondo, io non ho paura del napoletano! Penso invece che sia una lingua internazionale. Ho presentato il mio progetto alla 78° Mostra del Cinema di Venezia con un brano dove io ho recitato una poesia, scritta da me totalmente in napoletano, su un brano Tech-House, contaminato sempre dalla tradizione. L’ho contaminato con un violinista: Davide Santi.  Nelle mie esibizioni c’è sempre un elemento della tradizione che può essere la chitarra, il violino o il pianoforte. Quando ho fatto questo monologo in napoletano, mi sono resa conto che c’era un’affascinazione verso questo messaggio che alcuni comprendevano, altri no, ma lo stesso messaggio lo hanno compreso tutti.  Per me il napoletano è una forza, una marcia in più!   

Abbiamo letto su Instagram che il titolo del progetto è La Beneducazione. Perché? C’è qualche messaggio che tu vuoi trasmettere tramite questo titolo?

La Beneducazione innanzitutto è una parola che non esiste. Il singolo che ho presentato a Venezia si chiama la Beneducazione, è proprio una canzone che ho scritto. La prima frase di questa canzone dice: “Mute le bambine sotto i banchi della scuola scrivono poesie che non daranno mai a nessuno” e poi c’è un’altra frase che mi piace tantissimo che dice: “mai strappare via l’autunno alle orchidee”. Questa canzone parla di come veniamo educati da bambini, da piccolissimi. Parla di quanto ci insegnano a non fare, a stare zitti, a rispettare le regole. Parla di quanto in realtà le nostre più grandi paure siano quelle regole che da bambini ci insegnano, di quanto sin dall’infanzia veniamo gestiti psicologicamente da una società che ci dice non fare questo, non fare quello, comportati bene. Il mio progetto parte da questo senso di rivalsa, che rappresenterò live sul palco.

La Beneducazione parla della mia esperienza. Io da bambina facevo fatica a respirare in questo mondo per vari motivi. Il progetto, il mio live show, la storia che racconto parte in realtà da questa domanda: “Ve lo ricordate il momento in cui avete fatto qualcosa perché vi piaceva veramente?”. Cantando la Beneducazione, chiedo alle persone se si ricordano una cosa che davvero vogliono, che desiderano veramente. Guardiamo ad esempio la musica, quanto segue gli schemi? Quanto siamo costretti dentro degli schemi? Ancora esiste la censura su una marea di temi!

A proposito di censura,  i tuoi testi sono molto spesso testi che parlano di argomenti temuti dal sistema. Abbiamo notato che collabori molto spesso con i rapper. Lo fai perchè con i tuoi testi dai voce a temi che possono dare fastidio, così come le rime rap?

La mia musica spesso ha delle strofe poco melodiche e più raccontate. Quindi in realtà il mondo dei rapper mi è vicino perché scrivo la musica in un modo ritmico che è simile a loro. Mi piace il modo in cui ritmicamente raccontano la storia e la forza che ci mettono. Io racconto dei messaggi forti perché mi vengono quelli. È difficile che le mie canzoni possano essere cantate da qualcun altro, perché non seguono schemi musicali precisi. Nelle mie canzoni c’è un lato infantile, ma che viene sempre sgretolato da una verità.

Nel mio nuovo progetto ci sono canzoni in cui butto via la bambina, che sono dritte ad una verità e altre in cui c’è il lato infantile che è a contrasto con questo lato di verità. Il mio progetto spazia tra il comico, il tragicomico, la verità. Io sono anche un’attrice comica, spesso ho recitato ruoli comici ed è una sfumatura che volevo far vedere. Ci saranno due canzoni molto divertenti , c’è una canzone d’amore che è scritta nella maniera più folle che si potesse.  Non credo che nessuno se lo possa mai aspettare che io possa essere così divertente. Come avrete capito c’è una parte folle in questo progetto e sarà una sorpresa!

Alla presentazione del progetto al Festival di Venezia hai indossato un look particolare, soprattutto le scarpe senza tacco che sono state studiate e immaginate per te. Perché? In questo progetto live indosserai degli abiti o degli oggetti particolari? Ad esempio Salvador Dalì aveva creato un cappello a forma di scarpa!

Il mio progetto nasce da una collaborazione con dei brand perché è molto visivo. La musica ad oggi sta andando sempre più verso la naturalezza, le persone sono sempre più se stesse, io invece voglio fare il contrario. Io voglio creare dei personaggi e la prima cosa che abbiamo fatto con il mio management è dire: chi ci può aiutare a creare questo? Antonio Berardi e Roberto Zanetto mi stanno aiutando, costruendo un’immagine con il loro brand  TWOBC e con anche il mio costumista che ringrazio tantissimo, perché mi cuce addosso degli abiti!

È molto in controtendenza, perché siamo in un mondo che va velocissimo. Mi sono presa un anno e mezzo per scrivere questo spettacolo che sarà fatto in due versioni: una versione più da club con dj e violino, dj e chitarre e una più intima rappresentata, con tutta la storia, nei teatri. Quindi la moda nel mio progetto è fondamentale.

Le scarpe che mi hanno costruito hanno un senso per me, perché viene tolta una parte di femminilità: il tacco. Io ero sospesa e in disequilibrio su quelle scarpe. La ricerca dell’equilibrio, in particolare nel messaggio, mi interessa veramente poco. Il mio messaggio è infatti molto in disequilibrio, è coraggioso e può essere anche frainteso, ma è ciò che io ho cercato. Togliere il tacco da una scarpa, innanzitutto toglie uno stereotipo femminile: una donna con il tacco è più elegante e sensuale. Il tacco ci interessa poco e noi lo togliamo e siamo anzi più femminili senza tacco. Il disequilibrio mi interessava perché è quello che faccio con la musica.

Come abbiamo detto, sei anche ballerina e cantautrice. Quindi, chi meglio di te ci può spiegare il rapporto che esiste tra la danza e il canto, tra il corpo e la voce!

Per me non esiste il contrario. Per me non esiste cantare senza essere consapevoli del proprio corpo. Ha problemi chi non mette in contatto l’artista che è con tutte le sue sfumature. Io vengo da un mondo che mi ha permesso di essere così naturalmente. Non esiste che salgo sul palco e non uso il mio corpo, la faccia, il viso, non uso i vestiti. Non esiste per me non creare un immaginario. Per me puoi essere bravo quanto vuoi, ma se non hai consapevolezza di quello che stai facendo, del tuo corpo, delle tue mani, della tua faccia poi a un certo punto mi annoi.

Manuela Zero, foto scattata da Davide Santi

Oggi si dice che bisogna essere super veri, super naturali, che è molto figo, ma la cosa anche difficile è ricreare qualcosa che a che fare con un mondo più costruito. Se venite a vedere il mio spettacolo vedrete un artista sul palco che farà qualcosa che appartiene un po’ alla terra, ma anche ad un mondo fantasioso. Sicuramente non vedrete solo una che canta e basta, non mi interessa! È più complicato, è più difficile far percepire il mio spettacolo solo ascoltandolo come su Spotify, ma se lo vedete dal vivo sarà più chiaro perchè le canzoni del mio album sono molto visive.

Ci saranno delle collaborazioni che ci vuoi svelare? Ci sono già delle date in cui noi ti possiamo venire a vedere e sentire?

Sicuramente mi vedrete molto presto. Mi vedrete su una piattaforma. È una cosa molto evidente, ma non ne posso ancora parlare. Sicuramente mi vedrà tutta Italia nello stesso momento. Questo progetto mi mette molto in discussione perché è un progetto diverso che ho accettato per dimostrare che io sono anche questo e dove presenterò anche il mio primo singolo. Molto presto lo dirò.

Ho collaborato con un artista molto importante e ho scritto questo progetto grazie a questo artista che ho conosciuto a Musicultura. Mi ha dato una mano a mettere a posto un sacco di cose. Ci saranno delle collaborazioni, ci sarà una collaborazione con tante donne su una canzone molto particolare. Nel mio spettacolo ci saranno degli interventi di artisti, ma non sulle canzoni.

C’è qualche artista con cui vorresti collaborare in futuro e ti piace in particolar modo?

Mi piace Giovanni Truppi perché non segue gli schemi e ha un cantautorato molto interessante. Inoltre mi piace Madame per il fatto che ha trovato una chiave e un’idea nuova. Ha creato un sound senza farsi comprendere, nel senso che a lei non interessa che arrivi il messaggio, ma le interessa che arrivi il suono. È una scelta forte e ha avuto il coraggio di fare qualcosa di nuovo. Ora però mi aspetto che qualcosa si capisca. Mi piacciono gli artisti in evoluzione.

Una curiosità: suoni qualche strumento?

Suono il pianoforte. I miei pezzi nascono al pianoforte. La musica e i testi sono miei e la produzione è creata da me insieme al mio produttore. Ho la fortuna di collaborare con Maurizio Loffredo e Davide Santi che mi aiutano con la loro esperienza a far crescere gli immaginari che racconto.

Il tuo motto?

Una frase di mio padre che mi diceva da bambina: “i pesci parlano”. Questa frase mi è rimasta impressa perché ho sempre creduto che i pesci parlassero. Noi in famiglia abbiamo questa teoria. Mio padre è un pescatore e mi portava da bambina con lui sulla sua barchetta e mi parlava della storia del pesce Alfredo. In realtà se tu osservi, i pesci sono comunicativi. I pesci parlano significa anche che tu nella vita puoi immaginare, avere una fantasia molto più larga di quella che credi di poter avere. Mio padre mi ha insegnato ad essere coraggiosa anche nel pensiero, essere coraggiosa di pensare delle cose impossibili, di osare.

Io penso che al giorno d’oggi non ci siano persone con poco talento, ma ci siano persone con poco coraggio. Penso che il coraggio sia più importante del talento perché se hai il talento senza coraggio, non fai nulla. I pesci parlano è un motto di grande coraggio anche nei confronti della fantasia che molto spesso non abbiamo più quando cresciamo. Per me la fantasia è fondamentale! Io scrivo le mie canzoni perché sono collegate alla bambina che c’è in me in una maniera profondissima. Tutto il meccanismo delle mie canzoni parte da me bambina, dal mio sogno e dalla mia fantasia. Poi a un certo punto arriva qualcuno che mi dice la verità e rompe questa mia fantasia.

C’è qualcosa che non ti abbiamo chiesto e che vorresti dirci?

Non penso di aggiungere molto. Quello che voglio dire è che ciò che andrò a fare in questi mesi ha a che fare con tutte le mie sfumature e di cui non mi vergogno. In questi mesi farò tante cose! Attualmente sono sul set, impegnata nelle riprese del nuovo film di Umberto Carteni “Praticamente Orfano” prodotto da Rodeo Drive con Rai Cinema. Sarò Mara, la personal assistant di Riccardo Scamarcio. Nel cast ci saranno anche Vittoria Puccini e Nunzia Schiano. È un film molto divertente, ma che fa anche riflettere sulle origini.

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