VideoAnalisi di Alice Galimberti: Giancane e Zerocalcare, da Ipocondria a Strappati lungo i bordi

Testo e illustrazioni di Alice Galimberti

Da Ipocondria a Strappati lungo i bordi

Giancarlo Barbati (Giancane) e Michele Rech (Zerocalcare)

Illustrazione di Alice Galimberti, su illustrazioni di Zerocalcare!

Il terzo appuntamento con la rubrica VideoAnalisi si apre tornando su Zerocalcare (ne avevo già parlato nell’analisi del videoclip Favole), questa volta per parlare dell’intro della sua serie TV, a cui hanno collaborato diversi artisti, tra cui alcuni miei ex compagni di università e a cui faccio le mie più sentite congratulazioni.

L’Intro è stata scritta da Giancane e fa emergere tanti temi,  in pochi secondi di video. la collaborazione tra i due artisti è nata tempo fa, con il videoclip di Ipocondria diretto daDavide “Bastanimotion” Bastollauscito il 4 maggio 2018, con i disegni di Zerocalcare e una parte cantata e scritta da Rancore. In seguito, Zerocalcare ha utilizzato il brano di Giancane animando lui stesso l’Intro della miniserie Rebibbia Quarantine.

La serie per Netflix rappresenta, quindi, il punto di arrivo di questo percorso: vale la pena prendere tutti e tre i lavori e guardarne l’evoluzione.

Ipocondria:

 i primi approcci all’animazione

Zerocalcare ha cominciato a sperimentare con l’animazione quindici anni fa con le musiche degli Aut Aut:

Ma è nel 2018 con il brano Ipocondria che i suoi progetti cominciano a prendere una forma ben definita e che comincia a capire come sfruttare appieno l’animazione.

In questo videoclip si può notare come la dimensione dell’identità autorale di Zerocalcare, ben solida e pienamente costituita per quanto riguarda i fumetti, acquisti maggiore sicurezza sull’animazione, da ricercare forse nell’uso delle moderne tecniche digitali che, secondo l’esperto di cinema Denis Brotto, favoriscono la messa a punto di un linguaggio proprio e personale, più vicino al profilmico e all’oggetto della propria opera.

Non essendosi formato come animatore o regista, Zerocalcare all’epoca ha corso il rischio definito da Denis Brotto come:

semplificazione linguistica e impoverimento della forma narrativa[1]

Per via delle facilitazioni tecniche, si rischia di sottrarre selettività, criticità e giudizio al processo creativo . Il rischio implicito è che venga meno anche la figura dell’autore.

Cosa salvò i disegni di Zerocalcare?

La sua cifra stilistica, il suo insieme di tratti formali che sanno interpretare il proprio tempo indefinito, caotico e frammentario. Zerocalcare non ha lavorato da solo al progetto, collaborando attivamente e dando vita a quello stile che il filosofo Nelson Goodman definisce

una firma individuale e collettiva”[2]

Ecco che all’interno del video compaiono le caricature dei cantanti (Giancane e Rancore) e di Zero, che non si tiene in disparte come faceva Hitchcock (che partecipava come cameo in ogni suo film), ma diventa uno dei protagonisti della storia narrata.

Giancane, racconta di aver esorcizzato un suo attacco di panico proprio scrivendo questo brano, come si può scoprire da questa intervista a TV2000:

 

Il cantautore voleva realizzare qualcosa che fosse simile ai video dei Gorillaz (già citati di sfuggita nella scorsa VideoAnalisi) che da sempre usano l’animazione come loro registro artistico. Zerocalcare ha rivisto molto di sé nel testo del cantautore romano (vedi l’interivsta rilasciata a Badtaste) e ha accettato la sfida.

Ha preso spunto dai Gorillaz, la cui influenza si vede se si guarda il videoclip Feel Good e si prova ad accostarvi quello di Ipocondria, aggiungendovi la sua inconfondibile impronta. Le sensibilità artistiche di Giancane e Zerocalcare si sentono, si vedono e si combinano all’interno del video, che funge da vera e propria cassa di risonanza per un racconto fatto di sensazioni che vanno oltre le parole e le immagini.

La narrazione del video si carica sempre di più e, gradualmente, si sposta sempre sulla dimensione del surrealismo, ampiamente usata in animazione. Quasi a indicare lo stato mentale scatenato dall’ipocondria.

La prima cosa che si vede del video di Ipocondria è il titolo scritto in maiuscolo, fisso e a tutto schermo. Un chiaro messaggio per mettere subito in chiaro che è di questo che parla il brano ed è questo che si vede nel video.

Il video è totalmente in banco e nero e ricco di easter eggs riferiti alla cultura pop e nerd (manifesto degli 883, il cabinato Arcade, Pikachu, Yoda… la lista da fare sarebbe lunghissima): un’eredità diretta dai fumetti di Zerocalcare come la staticità della maggior parte delle molteplici inquadrature. Le scelte di regia consistono in molti zoom in e out e qualche pan o tilt di camera ben calcolato per muoversi all’interno delle scene e tra le sequenze.

In apertura, i banchi di nubi si muovono come un unico blocco, mentre la luce passa dalla notte al giorno e la camera si avvicina alla sola finestra illuminata. La musica accompagna il tutto e lo spettatore ha appena il tempo di accorgersi di essere un voyeur che l’alterego animato di Giancane ci mette davanti immediatamente il suo dilemma esistenziale. Il fatto che le animazioni dei personaggi siano ridotte all’osso, a volte molto scattose e scarne, amplifica il senso di disagio trasmesso dal testo del brano (va ricordato che le animazioni sono tutte del regista Davide Bastanimotion, ma che gli storyboards sono di Michele Rech).

Il primo cambio di scena avviene con lo scheletro, gli orologi che invadono i lati dell’inquadratura e indicano lo scorrere del tempo portano lo spettatore a sprofondare nella dimensione dell’incubo di Giancane. La telecamera si allontana e ci si aspetterebbe un passaggio alla sequenza successiva riuscendo dalla finestra da cui si è entrati, ma si avvicina inaspettatamente su uno scarafaggio e lo segue attraverso i tubi.

La seconda sequenza, con Zerocalcare al pc, gioca con la camera che si sposta all’interno dell’inquadratura principale, per poi ritornare sullo scarafaggio che sembra aver preso il posto di Giancane e cantare al suo posto. C’è un rimpallo tra Giancane e Zero, che questa volta canta con la voce di Giancane, e questo sembra aumentare leggermente il ritmo della narrazione che si prende poi un attimo di respiro quando la camera rallenta di nuovo. Il ritmo da veloce a lento (a volte estremamente lento) degli zoom in e out della camera, combinato a semplici animazioni, che si ripetono martellanti, rende la narrazione per immagini ansiogena, fino a quando sullo schermo del pc nella stanza di Zero compare Rancore.

La sequenza del rapper Rancore smorza la tensione con la gag del colpo di tosse, che interrompe anche la narrazione. Il cambio di registro musicale riporta immediatamente all’aumento del ritmo, con il montaggio che si fa sempre più serrato e cambi di inquadratura frequenti. Il ritmo frenetico viene interrotto da una nuova panoramica che mostra uno Zero ormai catatonico, per poi riaccelerare freneticamente intervallando Rancore adulto a una sua versione neonata per sposarsi al testo del brano.

Nella sequenza successiva, con il ritorno al registro sonoro di Giancane, il ritmo rimane dell’animazione frenetico. I tre protagonisti tentano di segare le sbarre alle finestre, che rappresentano la loro gabbia mentale costruita dall’ansia. Lo zoom out è rapido, come lo è il movimento della camera verso l’alto e si ritorna a vedere l’esterno del palazzo e le nuvole che scorrono, chiudendo il cerchio della narrazione. Appaiono i titoli di coda, ma la musica non sfuma e infatti la camera si sposta rapidamente verso il basso, rivelando delle palme e poi il volto stravolto di Giancane con un bicchiere in mano. La camera fa uno zoom out e sulle sdraio accanto a lui compaiono gli altri due protagonisti. I tre sono morti. Rancore, a parte la bocca aperta e qualche dente mancante, è rappresentato in una posa composta. Giancane ha delle mosche che gli ronzano attorno e sembra quasi congelato. Zero è sicuramente il meno composto: gli manca un occhio ed è ricurvo in avanti.

Queste tre diverse rappresentazioni, che in parte richiamano in modo macabro il trio delle scimmiette “non vedo, non sento, non parlo”, si potrebbero rifare alle fasi dei fenomeni cadaverici. Rancore rappresenta i fenomeni abiotici immediati (assenza di motilità, respiro, battito cardiaco, polso arterioso, coscienza, riflessi pupillari e corneali), Giancane rappresenta i fenomeni abiotici consecutivi (dal raffreddamento del corpo, fino alla rigidità cadaverica) e Zero rappresenta i fenomeni cadaverici trasformativi (che culminano nella putrefazione e scheletrizzazione).

Ipocondria in prestito a Rebibbia Quarantine: l’approfondimento dell’animazione e sua sperimentazione in tempi di lockdown

L’Intro di Rebibbia Quarantine dura 16 secondi e corrisponde alla parte seguente del brano.

“E adesso cosa farò? Son certo che morirò

In questa stanza di merda, non a casa mia

La fame d’aria che sale, l’ansia cresce e fa male

Lingua asciutta, è partita la tachicardia.”

Questa parte di testo si sposa perfettamente con il sentire comune nel periodo del primo lockdown: volenti o nolenti ci siamo sentiti tutti così.

Le animazioni sono minime, ma più fluide rispetto al videoclip originale (basti osservare gli uccelli che si spostano all’interno dell’inquadratura e si muovono a loro volta) e compaiono per la prima volta i colori con la peculiarità di essere offuscati da una patina verdognola e azzurra. Il colore verde viene associato al veleno perché nell’Ottocento si usava spesso il Verde di Parigi a base di arsenico, sostanza comune nella fabbricazione dei veleni da ben prima, che, se respirato in grosse quantità o ingerito, può portare alla morte[3]. Nelle lingue a matrice anglosassone il colore blu è associato agli stati di profonda tristezza o depressivi. Non c’è da stupirsi che si crei un’associazione con l’atmosfera che si respirava durante la prima quarantena.

L’inquadratura usata è una sola: un piano sequenza lento che descrive Rebibbia, rimando alla lentezza del tempo si è stati costretti a vivere, ma anche alla forma linguistica del documentario e del reportage (parola che compare anche nel sottotitolo della serie).

L’Intro di questa serie si distacca formalmente dal concetto classico del videoclip animato perché abbraccia molti concetti dei prodotti mediali tipici del postmoderno. C’è quello che Brotto definisce un ancoraggio al mondo reale nella restituzione delle immagini e allo stesso tempo il reale viene sottoposto a una rielaborazione apposita per un contesto filmico differente[4].  È una forma ibrida tra un reportage, che andrebbe realizzato con una videocamera in presa diretta e poi montato, e una ricostruzione della propria soggettività attraverso l’animazione, che rappresenta per cifra stilistica di Zerocalcare una collettività, attraverso l’animazione. Produce quello che l’animatore Ülo Pikkov chiama surrealismo involontario: si rompe il paradigma che caratterizza l’animazione come strumento di creazione di modi fantastici e fittizi, in favore del reale.

Strappati lungo i bordi di Giancane

Il brano completa un piccolo capolavoro: la serie Strappare lungo i bordi di Zerocalcare. Qui il brano viene remixato all’interno dell’Intro di Strappare lungo i bordi (di cui Michele Rech è ideatore e non il regista tecnico). Anche se in questa sede non la si ascolta per intero, la sua genesi è curiosa e interessante. La parte strumentale era già stata composta, ma il testo era stato scritto solo in parte quando il cantante ha ricevuto la richiesta di collaborare alla colonna sonora della serie di Michele Rech. Il titolo e gran parte del testo risultano intrecciati a doppio filo con la trama e l’anima del racconto della serie.

Nell’intro, che dura meno di un minuto, si articolano tre atti principali; i primi due in bianco e nero e il terzo a colori.

Nel primo atto vi è l’illusione di trovarsi lungo una strada di notte, con la linea spartitraffico nel mezzo e dei fari a illuminare. Appena l’illuminazione cambia, con il bianco e nero che si scambiano, appare un paio di gambe di qualcuno che cammina a piedi sopra la linea tratteggiata e un enorme paio di forbici aperte. Curiosamente, nella serie, le forbici non vengono mai nominate come soluzione per seguire sicuramente la linea che rappresenta il percorso che ognuno dovrebbe seguire (se scappa qualche spoiler mi spiace, ma la serie è uscita da un bel po’), eppure è un elemento che si vede. La camera si muove intorno alla linea e al personaggio che risultano sospesi in questo spazio vuoto, come una gabbia trasparente senza barriere e potenzialmente infinita, mentre scorrono i titoli di testa. Si riesce a capire, grazie a un’inquadratura dall’alto che il personaggio che cammina è Zero, intento a fare qualcosa con un foglio in mano.

Nel secondo atto, Zero tenta di strappare lungo una linea tratteggiata quello che è il modello ideale a cui aspira, ma fallisce e strappa la sua sagoma. Il ritmo è in crescendo, fino a diventare molto sostenuto. La camera parte con un piano sequenza che si stacca dal foglio per ruotare su se stessa e far prendere confidenza con la sagoma tratteggiata e l’iconico teschio della maglietta che caratterizza Zero. Quando la camera stacca per tornare sul foglio e mostrare l’errore dello strappo il ritmo aumenta con una serie di stacchi sempre più ravvicinati e concentrati sui dettagli: gli occhi in primissimo piano di Zero, il foglio che non si strappa lungo la linea ripreso da più angolazioni. La voce di Giancane tradisce quasi un senso di impotenza per quello che sta accadendo. Per quanto ci si sforzi a costruirsi un personaggio fittizio, si finisce sempre con una brutta copia di se stessi in mano, stropicciata lungo i bordi.

Il foglio di carta, come le certezze su cui si basa la vita, è fragile e basta poco per rovinarlo.

L’atto finale è la caduta di Zero sul divano dove lo attende l’Armadillo che lo scruta giudicante, scuote il capo e spegne lo schermo, rompendo la quarta parete ed escludendo allo stesso tempo lo spettatore. È solo a questo punto che compare il titolo della serie.

Zero che precipita verso il basso ricorda un po’ la caduta di Alice all’interno della tana del Bianconiglio. In quel frangente il personaggio di Zero da bianco e nero diventa progressivamente a colori e, diversamente dall’Alice di Carrol, fa il viaggio contrario: da una visione esclusivamente frutto della sua mente, viene catapultato nella realtà concreta e non astratta.

Per chi ha visto la serie completa (questo e il prossimo paragrafo conterranno degli spoiler), non sarà difficile ritrovare in sintesi tutti gli elementi dei sei episodi sapientemente ben condensati. Il cammino di Zero lungo una linea è un viaggio per elaborare un lutto. Lo strappare della sagoma sul foglio rimanda ai momenti di riflessione sul passato, che hanno portato a un momento di stallo e di immobilità nel presente.

L’atmosfera che si respira in questa intro è dichiaratamente surreale e distopica, come ci si aspetterebbe da un prodotto di animazione classico. C’è una tematica che spicca su tutte e che avvicina questa intro al movimento cinematografico dell’Impressionismo Francese: la distanza dal reale a favore dell’enfatizzazione del subconscio del protagonista. Il motivo per cui avviene questo è da ricercare nello sviluppo delle tecnologie digitali e alla continua influenza del surrealismo sull’animazione fin dalla nascita del cinema ed ecco che riemergono concetti stilistici e idee del secolo scorso.

Ultime riflessioni

I prodotti che si è tentato di analizzare sono di matrice molto diversa tra loro e implicano un coinvolgimento di terze parti, più o meno importante a seconda dei casi.

Il prodotto audiovisivo meno lontano dall’idea iniziale e con meno rielaborazioni è sicuramente Rebibbia Quarantine, mentre quello più rielaborato e creato ad arte è l’intro della serie. Ipocondria, a sua volta, presenta un’altra casistica perché era quello più legato alla figura di Giancane che non a quella di Zerocalcare e sebbene ci siano dei punti in comune tra i due, il disegnatore romano ha dovuto lasciare più spazio alle richieste del cantante, giustamente.

È curioso vedere un artista del calibro di Zerocalcare, con il suo stile ben definito e abituato alla sua indipendenza artistica, uscire dalla sua comfort zone per andare a creare qualcosa che in parte si potrebbe definire come la naturale evoluzione del linguaggio fumettistico.

Non è da tutti riuscire a fare un salto del genere e rischiare di perdere la propria cifra stilistica, ma Michele Rech non si è mai perso in nessuno dei casi. Nel caso della serie, in particolare, il merito va anche a chi ha saputo interpretare la sua visione artistica, sempre che si possa usare questa espressione per non scomodarne un’altra che secondo me è troppo audace e riduttiva dato che nessuno può permettersi presuntuosamente di avere la verità assoluta in tasca sul sentire di un altro individuo (visione interiore).

È innegabile: anche nell’audiovisivo, Zerocalcare riesce a far passare tutti quei codici e messaggi che sono propri del suo linguaggio nei fumetti.

Bonus vignetta

Crediti

VIDEOCLIP IPOCONDRIA

DISEGNI Zerocalcare

DIRETTO DA Davide Bastanimotion

SCRITTO DA Davide Bastanimotion, Giancane, Rancore, Zerocalcare

ETICHETTA Woodworm Label

UFF.STAMPA E PROMOZIONE Big Time

MANAGEMENT Woodworm

BOOKING Locusta

 

BRANO IPOCONDRIA

CANTANTI: Giancane Feat. Rancore

TITOLO DELL’ALBUM: Ansia e Disagio

AUTORI DEL BRANO: Barbati/Iurcich

EDITORI MUSICALI DEL BRANO: Woodworm Publishing Italia SNC

ETICHETTA: Woodworm Publishing Italia SNC

DISTRIBUZIONE: Artist First/Audioglobe

 

SERIE

TITOLO: Strappare lungo i bordi

GENERE: Animazione

IDEATORE: Zerocalcare

ATTORI: Zerocalcare, Valerio Mastandrea

ANNO: 2021

PAESE: Italia

PRODUZIONE: Bao Publishing, Movimenti Production

PRODUTTORI: Davide Rosio (Produttore), Giorgio Scorza (Produttore), Michele Foschini (Produttore esecutivo BAO Publishing), Francesca Ettorre (Produttore esecutivo Movimenti), Magali Fuzellier (Produttore esecutivo Movimenti), Valeria Brancia (Produttore consultivo)

REGIA TECNICA: Davide Rosio, Giorgio Scorza

PRODUCTION MANAGER: Sandra Pascuzzo

HEAD OF PRODUCTION: Magali Fuzellier

ART DIRECTION: Erika De Nicola

PRODUCTION ACCOUNTANT: Ilaria Tedeschi

EDITORIAL CHECK: Cassandra Albani

ORIGINAL SOUNDTRACK: Giancane.

BRANO

TITOLO: Strappati Lungo i Bordi

LICENZA DISTRIBUZIONE DEL BRANO: Universal Music Italia Srl

PRODUTTORE: Giancarlo Barbati Bonanni

CANTATA DA: Giancane

TESTO DEL BRANO: Giancarlo Barbati Bonanni

PUBBLICATO IL: 17 novembre 2021

℗ 2021 Woodworm Publishing Italia Snc

Note al testo

[1] D. Brotto, Trame digitali – Cinema e nuove tecnologie, Marsilio Editori, Venezia, 2012

[2] Cfr. inoltre R. Bellour, Fra le immagini. Fotografia, cinema, video (2002), Milano, Bruno Mondadori, 2007

[3]Curiosità Il colore verde e la sua pessima fama nella Storia, Focus Online (ultima visita 3 dicembre 2021), https://www.focus.it/cultura/curiosita/verde-arsenico-timore-mistero

[4] D. Brotto, Trame digitali – Cinema e nuove tecnologie, Marsilio Editori, Venezia, 2012, p.28

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