LE INTERVISTE DI JUST KIDS SOCIETY: MONICA BISIO

Intervista di Gianluca Clerici

Canzone delicata, canzone di resa e di distanza, ma anche ricca di delicatissimo amore. E qui, l’alto sentimento, prende derive altre, connotazioni più raffinate. Amicizia che si interrompe, flusso emotivo e ricami di un pop internazionale. In scena il nuovo singolo di Monica Bisio dal titolo “Human Enough” ricco anche di un video dentro cui, ancora una volta, la vita diviene maschera e allegoria finemente rappresentata dalla danza… tematiche che sempre più tornano a colorare le ispirazioni dei cantautori di oggi, forse per un bisogno più stringente di ripensare alle priorità. Alla cantautrice milanese le nostre consuete domande di Just Kids Society:

Iniziamo sempre questa rubrica pensando al futuro. Futuro ben oltre le letterature di Orwell e dei film di fantascienza. Che tipo di futuro si vede oltre l’orizzonte? Il suono tornerà ad essere analogico o digitale?


Il suono digitale può essere più comodo e immediato, ma molto tecnico, un produttore per essere un Bravo produttore ormai ha bisogno non solo di una padronanza musicale non indifferente, ma anche di avere abilità nell’ormai sempre più popolare arte del produrre. È necessario studiare, fare pratica, avere esperienza, sistemare i volumi correttamente e mettere i giusti riverberi e i scegliere le armonie e gli strumenti adeguati. La musica digitale non è una passeggiata se fatta bene. Ma spesso risulta tutto piatto, non vi è quella diversità di suono, quella svirgolettata delle corde, quell’intenzione della chitarra, quel suono pulito dei piatti della batteria. Non vi è la dinamica e la complessità della realtà insomma e quindi cosa scegliere? L’analogico è un suono che il digitale non potrà mai sostituire, basta aver chiaro il risultato che si ha in mente e uno può essere complementare all’altro.

I dischi ormai hanno smesso di avere anche una forma fisica. Paradossalmente torna il vinile. Ormai anche il disco in quanto tale stenta ad esistere in luogo dei santi Ep o addirittura soltanto di singoli. Anche in questo c’è un ritorno al passato. Restiamo ancora dentro al futuro: che forma avrà la musica o meglio: che forma sarebbe giusta per la musica del futuro?
Dopo 2 singoli parzialmente scollegati l’uno dall’altro a me è venuta voglia di ep, mi è venuta voglia di toccare qualcosa, di poter aprire il mio cd con una copertina e un libretto, vedere dentro me e meravigliarmi come se su quelle foto mi aspettassi di vedere qualcun altro. Io ho voglia di toccare il frutto dei miei lavori, ma la realtà a cui il nostro futuro si avvicinerà sarà fatta di real, video, stream e potenzialmente altre piattaforme che verranno create in futuro. La forma giusta non so quale sia, cerco che trovare tutto in rete è più comodo di avere in giro cd o addirittura vinili, ma la forma della musica sta davvero prendendo le dimensioni dei tik tok? Questa non vorrei che fosse la forma del futuro, ma è possibile che lo sarà e non è quella giusta per me.

La pandemia ha trasposto il live dentro incontri digitali. Il suono è divenuto digitale anche in questo senso… ormai si suona anche per interposto cellulare. Si tornerà al contatto fisico o ci stiamo abituando alle nuove normalità?
Ah qui si tocca un tasto per me delicato. Io ho lavorato negli ospedali nelle sub intensive covid, premetto, ma non ho mai e poi mai rinunciato al contatto fisico. Siamo esseri umani, ne abbiamo vitalmente bisogno sin dalla nascita. Concerti in digitale…no mi sono sempre rifiutata, non hanno il diritto di essere chiamati concerti. Nei concerti ci si abbraccia, si canta insieme, ci si commuove insieme, c’è un energia che è palpabile e ognuno ne può godere e la può accrescere…e i musicisti? Devono vedersi, ascoltarsi tra di loro, percepirsi, interagire, comunicare…per me nei 3 mesi di lockdown sono stati giustificati ora non possono estinguersi. Amen.

Scendiamo dentro le trame di questo brano che parla di amore ma anche di distacco, parla di assenza ma anche di bisogno e di resilienza. Un brano pop elegante che in qualche modo attinge a classicismi internazionali sempre verdi. Eppure il mondo procede rapido nell’omologazione pop digitale. Dunque ti chiedo: come si inserisce dentro una scena ampiamente devota alla musica leggera digitale, immediata e quasi sempre densa di contenuti superficiali?
Ecco qui delle domande che un po’ aspettavo. E vi ringrazio. Ho voluto ascoltarmi per questo brano, nonostante l’agenzia mi avesse avvertita che le sonorità sono cambiate, i testi devono essere immediati e in Italia, italiani, ovviamente, non troppi acuti o tecnicismi, insomma canzoni alla Elodie, alla quale vengono fatti cantare brani che “funzionano”. All’inizio la parola d’ordine è stata “integrità”, dopo anni di crescita personale io non mi abbasso a fare testi superficiali che non mi raffigurano nemmeno lontanamente, testi italiani perché siamo un popolo mono lingua e ritmi new pop perché piace così. Ho puntato i piedi e mi sono fatta la mia canzone inglese pop soul old style, piena di tecnicismi e molto poco monocorde. Dopo della “Human” qualcosa in me è cambiato, mi sono rilassata, ho smussato gli angoli e una volta soddisfatta di aver fatto la canzone che volevo mi sono aperta al cambiamento. Sta per uscire una canzone estiva, commercialissima, con ritmi funky moderni, poco tecnica vocalmente, testo più immediato, ma ovviamente dal significato sempre profondo, e vi svelo una cosa, mi piace un sacco. Penso che non bisogna sradicarsi da ciò che si è, ma trovare un compromesso tra ciò che è di tendenza e tra ciò che siamo noi e la nostra arte. Spesso scopriamo che aprendoci raggiungiamo sonorità nuove che danno colore al nostro stile. La rigidità non è mai utile né in un senso né in un altro, la consapevolezza di chi si è e la menta aperta possono invece dare vita a nuovi frutti.
Ciò su cui mai scenderò a compromessi sono i contenuti delle mie canzoni. Le voglio all’Elisa, con parole semplici esprimono concetti profondi, non sempre immediati, ma voglio dire…mi pare che Elisa sia comunque diventata Elisa no? 😉

E poi tutti finiamo su Spotify. Parliamo tanto di lavoro ma alla fine vogliamo finire in un contenitore in cui la musica diviene gratuita. Non sembra un paradosso? Come lo si spiega?

Oh santi Cd, era tutto più facile quando c’eravate voi. Allora sul vogliamo non sono d’accordo, non vogliamo finire nel contenitore, ma è lì che si va per farsi conoscere. Oggi sembra più facile essere popolare, ma lo è per tutti allora…e quindi cosa accade? Che siamo in miliardi nel contenitore. Cosa ci si guadagna? Si guadagna con gli stream, bene, ma per farli devi sponsorizzarti e quindi pagare, poi hai pagato per la canzone, la produzione, l’eventuale video e quindi? E quindi la musica non ce né, soprattutto all’inizio è un investimento, nel quale è giusto crederci anche sino nella tomba, ma attualmente per chi vuole vivere della propria musica consiglio di studiare anche un piano B…ma di studiare proprio. Noi vogliamo sempre essere l’eccezione, ma la verità è che il 99% sono regole e di musica si vive sempre meno.

Dunque apparenza o esistenza? Cos’è prioritario oggi? La musica come elemento di marketing pubblicitario o come espressione artistica di un individuo?
Esistenza. Che bella parola. È l’arte più alta per me…esistere. Come avrete capito punto sull’esistenza, ma è innegabile che per avere un po’ di popolarità con l’uso dei social e delle nuove piattaforme avvantaggi in modo non indifferente. Questo non vuol dire che dobbiamo diventare influencer, ma che se ci sono facilitazioni e regole di mercato che è necessario seguire almeno all’inizio, quando una alla volta ci si suda i follower. Se per essere popolare e rendere popolare la propria musica è necessario avere ig e usarlo frequentemente cercando di creare il proprio personaggio, si può criticare sino all’esaurimento il sistema, ma poi a qualcosa è necessario cedere. E anche qui come per il testo, ecco il mio confine: uso, ma non abuso, e la mia vera anima deve trasparire anche dal social. Va bene il selfie quel giorno che sono elegante, ma poi quella frase, quello spunto….usare il social sino a che è utile a noi e può essere d’aiuto nell’espressione di noi e di chi siamo, sempre con i giusti compromessi. Siamo noi a dover usare le strategie di marketing non è il marketing a dover usare noi! E la risposta è sempre l’equilibrio, stando rigidi sui propri punti fermi, ma poi aprendo la mente sul resto. Tutto ciò che è attuale deve essere al servizio dell’artista, per promuoverlo e aiutarlo, l’artista non deve essere mai a servizio di…così l’arte muore e diventa solo pubblicità.

A chiudere, da sempre chiediamo ai nostri ospiti: finito il concerto di Monica Bisio, il fonico cosa dovrebbe mandare per salutare il pubblico?
Direi la mia prima perla “Nella mi mente”, i primi saranno ultimi…non era così forse?!?!

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