INTERVISTA: LIMEONI

A cura di Lavinia Cafaro e Mery Perillo Scarpato

LIMEONATE WILD

C’erano una volta, in un campo incolto e selvaggio circondato dai monti, cinque ragazzi che caddero in una lacuna di limoni mentre rincorrevano un sogno.

Tenete bene a mente questa immagine: speriamo vi possa essere più chiara dopo la lettura dell’intervista che abbiamo avuto il piacere di strappare ai nostri amici della band dei Limeoni! Vi presentiamo Emanuele, Aron, Francesco, Ivan e Fabio.

https://www.instagram.com/limeoni.official/

I Limeoni nascono nel 2017 suonando un buon concentrato di pop, folk, blues e funky. Il loro pubblico, inizialmente composto da amici e parenti, si è finalmente allargato dopo la messa in rete dei singoli Feeling Coolder e Wild Side.

A chi, tra voi lettori, bazzica il territorio piemontese potrà essere capitato di vederli suonare per strada o di sentire la loro musica tra le mura della provincia torinese. Se così non fosse, stiamo per darvi in mano tutte le carte necessarie per poter diventare anche voi fan di questo gruppo e iniziare a seguirli sui social e nei live. Purtroppo, al momento dell’intervista, la band non era al completo, ma siamo comunque felici di presentarvi le risposte di Emanuele, Aron e Francesco.

Come è nato il primo singolo che avete registrato Feeling Coolder?
Emanuele (E. voce e chitarra ritmica della band. ): Rullo di tamburi… piuttosto a caso, è stato un esperimento musicale per mischiare lo stile folk e acustico con una melodia più pop, ritmata e serrata.

Ci spiegate che rappresentazione grafica avete voluto dare al sentimento che la canzone descrive?
Francesco (F. il violinista): La storia narra di una situazione di disagio e di distacco del protagonista nei confronti della realtà. Ciò è in contrasto con quella che è la musicalità, invece, ed è proprio questo contrasto che abbiamo voluto rendere reale per cercare di dare una speranza a questo soggetto di cui raccontiamo. La figura, l’entità, è qualcosa di irraggiungibile, nascosto, ma con la quale egli si deve confrontare. Nel video abbiamo voluto che questa presenza fosse rappresentata da qualcosa di specifico per ciascuno di noi membri della band, ma senza mai renderla un’identità definita.

Cosa vi emoziona di più tra un passaggio in radio e aprire Spotify, sapendo che potete trovarci il vostro pezzo?
Aron (A. voce e chitarra solista): Ponendo la questione in tal modo, dunque a livello emotivo, la mia risposta è radio, a maggior ragione se si tratta di una stazione importante dove poter essere mandato in onda è da considerarsi un obiettivo raggiunto.

E.: Credo invece che a livello pratico valgano molto di più i numeri che si ottengono su Spotify: creano opportunità e ormai le persone fanno affidamento su quelli per un primo giudizio superficiale.

A.: Ad oggi, se non si ottengono risultati su Spotify, non si può pensare di ottenere un passaggio in radio.

Possiamo dire che i risultati sono arrivati! Siete a più di 13.600 stream su Spotify con una buona prospettiva anche per il brano appena uscito Wilde Side. Il vostro cavallo di battaglia, però, sono i live: preferite suonare per strada o nei locali?

E.: Dipende dalla situazione. Quando ci siamo trovati a suonare in centro a Torino, con la città piena per via dell’Eurovision, è stata sicuramente un’occasione, oltre che un’emozione, più grande di quella che ci saremmo aspettati. In ogni caso, a livello di piacere musicale, sceglierei il locale. Quando suoniamo in strada, conta molto il momento, il singolo brano: noi performiamo quel pezzo o due al momento. Invece, in un locale, si presuppone che chi c’è all’inizio resti fino alla fine, o comunque per gran parte del tempo. Quindi dobbiamo pensare a strutturare nel dettaglio non solo pochi brani ma un’intera serata, per poter offrire uno spettacolo il più possibile completo.

A.: Sono d’accordo soprattutto per una questione pratica. Nel locale possiamo suonare quello che vogliamo e come vogliamo. Per strada invece, siamo costretto a suonare in maniera più acustica e possiamo spaziare molto meno su tanti aspetti.

F.: Credo che per me sia il contrario. A livello di resa del suono condivido assolutamente sul locale; per strada, però, è bello vedere le situazioni che si vengono a creare poiché suscitate dalla casualità del sentire il nostro brano in quel luogo e in quel momento. Molti cominciano a fare cose, ballare per esempio, e alcuni vengono poi a parlarci a fine brano. L’aspetto più bella della strada è proprio che non c’è mai una monotonia, ma c’è invece uno stimolo continuo, sicuramente dato dal circolo veloce di situazioni: è tutto meno costruito.

Limeoni versione buskers

Ci state offrendo molti spunti di riflessione interessanti. Ma noi, che abbiamo la fortuna di esservi amiche da anni, vogliamo far divertire un po’ anche i nostri lettori. Come mai il nome Limeoni dunque?
A.: Erano tempi in cui tutti eravamo a corto di esperienze affettive da vivere e abbiamo pensato che avremmo potuto darci un nome che rappresentasse, o onorasse, la nostra situazione. Il primo pensiero è ricaduto su LACUNA DI LIMONI per poi renderci conto che forse anche solo LIMONI poteva bastare. A quel punto, però, ci siamo concentrati sul fatto che fosse troppo italiano e così siamo arrivati al nome definitivo che è LIMEONI. Cogliamo l’occasione, inoltre, per ufficializzare la pronuncia corretta che è LAIMONI: la maggior parte delle persone lo legge come si scrive, o banalmente lo italianizza.

La domanda sorge quasi spontanea: avete mai limonato con i vostri pezzi in sottofondo?
F.: Tra di noi sì. Deve ancora arrivare il brano giusto. Quelli che abbiamo inciso fino ad ora non sono adatti, ahi noi.

Tornando seri, anche un altro gruppo di artisti, ormai di fama mondiale, ha dovuto più volte precisare la pronuncia del nome della band, i Maneskin, e noi auguriamo a voi la loro stessa fortuna.
E.: E noi speriamo di avere in comune con loro anche la partecipazione ad X-Factor, in un futuro non troppo lontano. Avevamo fatto un pensiero piuttosto concreto sull’iscrizione che per vari motivi di tutti, non siamo riusciti a concretizzare ma che l’anno prossimo contiamo di concludere.

Limeoni the band

A tal proposito, ci viene in mente che non ci siamo soffermati abbastanza su come si svolgono i vostri live: noi che vi abbiamo partecipato più volte, possiamo confermare che si tratta di situazioni molto piacevoli e divertenti nelle quali si condivide la passione per la gran bella musica di qualche tempo fa e si sperimenta. Voi avete cominciato facendo cover di artisti che stimate, e ai quali vi ispirate, come Elvis o i Creedence; dunque sentite più responsabilità quando suonate i vostri inediti o quando suonate cover di grandi personaggi?
E.: Inediti.

A.: Il giudizio che il pubblico può dare sull’esecuzione di una cover piuttosto che di un inedito è di base molto diversa; quando suoniamo un pezzo conosciuto non potranno mai pensare oggettivamente che un eventuale fastidio stia nella canzone, togliendo il gusto personale ovviamente, ma piuttosto che la versione che stiamo proponendo abbia qualcosa che non va. Si tratta a tutti gli effetti di un giudizio su un nostro lavoro e quando si parla di inediti questo si amplifica, trattandosi di un lavoro nostro dall’inizio alla fine. Fino a che non ci induriamo la pelle e non accumuliamo un po’ più di esperienza, i primi pareri pesano logicamente di più.

La critica peggiore che avete ricevuto quale è stata?
E.: Dobbiamo ammettere che sono state per la maggior parte critiche costruttive e si sono concentrate sempre meno sul punto di vista musicale e di più, invece, sull’approccio alla parte laterale della musica: sponsorizzazioni, scalette, estetica. Ora stiamo cercando di recuperare un po’ di terreno. Probabilmente la critica peggiore che ci abbiano mai fatto non la conosciamo perché ce l’hanno fatta alle spalle.

Che cos’è il successo senza un po’ di pepe fastidioso sulla strada? Secondo voi, è stata percepita l’importanza della musica dal vivo dopo il lungo periodo del lockdown? È evidente l’entusiasmo che si sta scatenando ultimamente per la ripartenza di eventi.
F.: Momentaneamente sì, ma non credo che possa essere un cambiamento radicale.

E.: Per la nostra personale esperienza, possiamo dire che tutti i live che abbiamo fatto post lockdown hanno avuto un buon riscontro a livello di partecipazione: la gente non è mai mancata. Nel nostro piccolo abbiamo visto la voglia di tornare a vivere tutto questo.

Limeoni on stage

Quanto è importante il sostegno degli affetti per la vostra musica?
Tutti insieme: Very important. Very fucking important.
A.: Personalmente, ho potuto notare che, se si ha una certa condizione emotiva, la parte artistica ne viene colpita: se c’è un sostegno sincero e concreto si vede molto la differenza nella resa sul palco rispetto a quando questo appoggio manca: nel mio caso mi taglia proprio le gambe. Senza dubbio, mi ha aiutato essere nato in una famiglia in cui la musica non è vista come una perdita di tempo, o una strada senza prospettive, ma anzi tutto il contrario.

Questo vi dà la possibilità di aprire le porte a collaborazioni interessanti come quella con i Rocking, gruppo rock in cui suonano alcuni componenti della famiglia di Aron.
F.: Io devo fare sempre il solito cinico della situazione e dire che il sostegno delle persone care è importante, ma lo è altrettanto il supporto reciproco all’interno nella band, sopra e fuori dal palco.

Per concludere: come descrivereste la vostra musica in una parola? Potete aiutarvi immaginando qualcosa di concreto come una fotografia, un libro, un film o qualsiasi cosa possa permetterci di viaggiare con voi nella vostra fantasia.
A.: Un paesaggio sconfinato: magari un campo incolto, un po’ wild come noi, circondato dalle montagne.
F.: James Joice e il suo Ulysses… perché non si capisce nulla!

Potremmo dire che quei cinque ragazzi, che caddero in una lacuna di limoni, vissero felici e contenti, ma vogliamo che siate voi a scrivere il lieto fine correndo a streammare i loro brani e andando a ballare sotto ai palchi dei loro live! Lo farete? Noi sì.

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