IL TRIP: La cornacchia – Mutamento, Passare attraverso [11/11/2022]

Racconto a cura di Valentina Calissano

Illustrazione a cura di Sara Camera

Il Trip

L’ispirazione

Con estrema pigrizia, anche l’autunno è arrivato. E con lui, gli alberi hanno iniziato a perdere le foglie, i fiori si sono dileguati e le temperature si sono abbassate. Fa buio presto e, nei borghi, nei campi, arriva rapidamente una nebbiolina bianca come un lenzuolo e leggera come seta.

Con rami spettrali e una luna fredda come il ghiaccio, si sposa benissimo l’EP di Mutamento, Passare attraverso, uscito questo 11 novembre. Io e Sara Camera l’abbiamo ascoltato e subito ci siamo immaginate due storie: una testuale, il racconto, e una visiva, l’illustrazione.

Ci sono momenti in cui ci ritroviamo a lottare contro le nostre oscurità sperduti in un labirinto senza via d’uscita, marcati da un senso di abbandono che non avremmo mai voluto affrontare. Mutamento racconta il viaggio per riuscire a passare attraverso.

Ve le riportiamo qui, su Just Kids Magazine, in questa rubrica intitolata IL TRIP, che vi propone ben due viaggi mentali, nati dalla stessa fonte di ispirazione e che, nonostante il silenzio tra scrittrice e artista, hanno trovato risposte tra loro in accordo.
Allora buona visione, buona lettura e, naturalmente, buon ascolto!

La cornacchia

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Illustrazione a cura di Sara Camera, in arte tal wes

Tutto taceva nel piccolo paesino. Come ogni pomeriggio da qualche settimana, la luce del sole finiva per nascondersi presto dietro una coltre vaporosa di nebbia. Non era ancora il tramonto quando impallidiva bianca, coperta da una nuvola strascicata, fino a tacere dietro la riga dell’orizzonte.
Non c’erano più i colori accesi dell’estate, le macchie viola e arancio distese dietro i tetti come in un magnifico dipinto.

Ora le sagome delle vecchie case in mattoni divenivano cupe in un lampo, un momento prima chiare e sbiadite, un attimo dopo nere, senza distinzione tra muri e finestre.

Bruno non amava quella stagione, ma stava imparando ad apprezzarne alcuni sporadici aspetti.
Certo, la schiena schiacciata gemeva sotto al peso della legna e le braccia indolenzite dal tempo scricchiolavano tutte solo a reggere l’ascia. Però, quando accendeva il camino e si spargeva un profumo affumicato in tutta l’arcata in pietra dell’immenso salone, si risvegliava nella sua mente la gioia di un bimbetto.

Su quella affettuosa fiamma poteva scaldare il pentolone della zuppa, fatta grazie alle fatiche estive dell’orto.
Allora era contento di non subire più l’afa e che non ci fosse più siccità. Nonostante il gelo avesse risvegliato da qualche giorno i reumatismi alle mani e ai piedi, quell’uomo consunto e solo riusciva a godere di una nostalgia tutta nuova.

Pochi attimi bastarono a far sobbollire le verdure cotte e lui era già pronto con la scodella carica di tozzetti di pane raffermo, imbevuti di olio, sale e pepe. Però fu interrotto dal picchiettare stridulo del batacchio.
Fuori pareva già notte e dalla finestrella della cucina Bruno non riusciva a scorgere niente e nessuno. Tornò borbottando alla sua zuppa, ma di nuovo qualcuno bussò. E con più veemenza.

Attese in silenzio, immobile e solo all’ennesimo colpo sprecò il fiato in un chivalà strozzato nella gola secca. Nessuno rispose e allora il vecchietto si mise a frugare tra gli attrezzi del camino. Quando infine trovò il rampino si decise a schiudere appena il portone, fermandosi prima che quello potesse scricchiolare.

«Oh Bruno, finalmente!».

La voce stridula della vicina lo fece sobbalzare e l’arma di fortuna gli scivolò dalle mani, cadendo a terra con clangore assordante.
Come se niente fosse, l’inattesa ospite, minuta e con un fazzolettone nero a coprire radi capelli d’argento e d’oro, prese a urlare gracchiando: «Sono passata per dirti questo. Oggi ho saputo dalla Rosina che le hanno rubato in casa… mentre lei dormiva a letto! Non si è accorta di nulla. Le hanno preso tutto, ecco. Poi, poi è passata mia nipote, ti ricordi di mia nipote? La figlia di mia sorella, che è andata a vivere in Germania? Quella che è tornata qui e ha sistemato la casa e ora vive accanto a me? Ecco, lei. Hanno rubato anche da lei! E anche lei era in casa, di notte, dormiva!».

«Bruno, stai attento, che vengono anche da te. Da me no, che non ho nulla. Ma da te potrebbero venire. Ecco, la tua casa è grande, sei tutto solo, hai tanta terra. Da te potrebbero venire. Stai attento».

Prese di nuovo fiato per ricominciare: «Questo ti volevo dire, ecco: stai attento. Ora torno a casa, che è buio. Ecco qui».

Si girò sui tacchetti della domenica e tornò verso casa sua nella notte che avanzava.

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«Ora torno a casa che è buio» – Foto di Valentina Calissano

Bruno, come tutti quelli della sua generazione, sapeva che quella donna era una zitella portasfiga, conosciuta come la Cornacchia tirapiedi o solo Cornacchia. Ma molto più spesso la chiamavano semplicemente la Racchia.
Questi erano i fatti: ogni volta che veniva a bussare alla tua porta per dare avvertimenti, allora potevi star certo che la sfortuna ti avrebbe perseguitato.

Appena dentro al portone Bruno si girò di schiena e, premuto contro il legno, iniziò a fare in successione tutti gli scongiuri che gli venivano in mente. Di fronte a lui, in alto nella volta, lo squadrava un triste crocifisso, vecchio e impolverato. Per par condicio Bruno si fece anche il segno della croce, tre volte.

Si ricordò allora che quel sacro manufatto era ricoperto d’argento o forse di qualche lega. Afferrò una sedia e con il rampino da camino provò a tirarlo giù. Cadde il Cristo, poi lui ci finì di pancia addosso.

Ma perché aveva aperto il portone alla Racchia?

Doveva restare con la sua calda zuppa e godersi i frutti di un lavoro lungo e ingrato!
Ora invece gli era perfino passata la fame. Solo la paura lo accompagnava, la paura che qualcuno gli entrasse in casa di notte, senza che lui potesse far nulla, per rubargli quel poco che aveva.
Il piede del messia sembrava scalciare sul suo fianco inflaccidito. Si alzò senza fiato e privo di volontà.

Però doveva nascondere le sue cose, doveva proteggere le uniche cose che in vita si era guadagnato.
Pian piano riuscì a radunare tutti i suoi averi nello sgabuzzino, accanto al bagnetto.
Quella notte il camino sarebbe rimasto acceso tutto il tempo e Bruno di guardia, sveglio lì davanti.
Quindi si accoccolò seduto in poltrona con la sua arma di fortuna.

Era sul punto di prendere sonno quando accadde qualcosa di oscuro fuori dalla finestra.
Nel fitto della nebbia si levò un grido gelido e prolungato, uno strazio agghiacciante che rimbombava nei vasti campi liberi. Tornò a più riprese, sempre più acuto e lancinante, fino a perire in un guaito.
A ben sentire poteva sembrare una rissa tra cornacchie.
Il campagnolo senso comune diceva a Bruno di uscire a controllare, ma l’istinto lo pregava di rimanere in casa ad aspettare. Era curioso, ma vinse la paura.

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Una strada tra i campi –  Foto di Valentina Calissano

Piuttosto andò in camera da letto, aprì l’armadio e dal fondo estrasse lo schioppo. Con un’arma più potente, poteva tornare a sedersi sulla poltrona impacchettata nel nylon e vegliare sulla sua dimora.
Ma ancora una volta il fuoco lo addolcì, facendolo crollare in un tiepido riposo.
Stavolta fu un fracasso a risvegliare il povero uomo, che alzandosi di soprassalto cadde sul fucile pestandosi le dita.
Tutto dolorante andò alla finestrella e da lì vide una scena alquanto bizzarra.

Nonostante il buio e la nebbia fittissima si vedeva chiaramente un panno nero e slabbrato volare sopra al campo. Era più scuro della notte più scura e si muoveva in maniera convulsa ed elettrica.
Si levò anche il grido del corvide e proseguì a lungo.
Poi tutto tacque e il mantello sparì nel nulla.
Bruno rimase in attesa, incollato al vetro freddo e sottile, finché non decise di andare a controllare. Non aveva idea di cosa avessero appena visto i suoi occhi, ma doveva scoprirlo ad ogni costo. Alla fine la curiosità aveva avuto la meglio.

Senza torcia e con passo felpato raggiunse il vialetto di casa. Solo una lampada sulla lontana stradina poteva aiutarlo nella ricerca. La luna era nascosta in una densa nube grigia.
Raggiunse il campo più vicino al portone e prese a tastare il terreno con gli stivali di gomma. Solo erba e fango incontrarono i suoi piedi.

Forse aveva sognato quella scena. E dire che non aveva toccato vino!

Tornò quatto quatto al riparo in casa, ma proprio sul gradino si lanciò in un salto e volteggiando chiuse la porta di scatto. Si rese conto così di aver provocato un forte tonfo, al punto da far tremare il batacchio più volte di seguito.

Prese a tremare e il cuore rispose battendo più forte. Si rese conto di avere il fiatone. Sudava freddo. Gli occhi erano lucidi e rossi. Bruciavano.
Se li stava stropicciando quando il portone prese a bussare. Fortissimo.
D’istinto Bruno gridò. E gli uscì fiato sia dalla bocca che dal fondo dell’intestino. In preda al panico aveva aperto la porta, come si fa quando si aspetta un ospite.

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Il batterista Andrea Allodoli. Foto di Valentina Cicognani

Non c’era nessuno.

Richiuse subito e strinse forte la vecchia fedele arma. Il portone traballava sotto fortissimi pugni. Poi urla, poi pianto, un gracchiare fitto e alla fine più nulla.
Ormai Bruno era ricoperto di ansia e terrore. Voleva aprire la porta, ma il suo corpo non ubbidiva più.
Si fece gelido, intirizzito, pietrificato.
Intanto, in mezzo ai cocci e alle pietre, la fiamma del camino si spense in brace, che poi si polverizzò in cenere grigia.

Il mattino seguente la nebbia era sparita. Un sole gagliardo e insolito illuminava i rami gialli e arancioni dell’autunno. Sopra un cespuglio un pettirosso convinto cercava invano di conquistare una compagna. Il suo canto arzigogolato rimbombava sui campi senza foschia e sull’erba bruciata dalla brina gelata.

Ai colori si unirono due luci, una rossa e una blu, a intermittenza.

A casa di Bruno porte e finestre erano spalancate.
In fondo al vialetto, in mezzo al campo più vicino all’uscio, le cornacchie stavano ammassate a cibarsi di un corpo di giovane donna. I biondi capelli piangevano rugiada e la sua pelle bianca era squarciata da macchie rosse e profonde.

Nessuno seppe mai cosa era accaduto quella notte.

Quella notte in cui la Cornacchia vide Bruno correre strillando in mezzo al campo, con una cappa nera sulle spalle e un rampino da camino tra le mani.

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Andrea Allodoli nel progetto solista Mutamento. Foto di Valentina Cicognani

CREDITS

PASSARE ATTRAVERSO – MUTAMENTO

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Tracklist

L’origine
Perfetta solitudine
Punto debole
La svolta

Prodotto e distribuito da Drown Within Records

BIO

Mutamento è il progetto solista di Andrea Allodoli. Il batterista ravennate ha suonato con Void of Sleepthe Doormen e in passato nei Conspiracy (poi Conspiracy A.D.). La sua attività nasce dalla passione per la musica elettronica, soprattutto nelle sue sfumature più dark e malinconiche ispirata ad artisti come Ben Frost, Lorn e Benga.
Da questa passione nasce Passare attraverso, EP con artwork curato da Adriano Zanni, fotografo e artista sonoro. Invece il logo del progetto è stato realizzato da Simone Bertozzi.

Dal vivo i brani vengono eseguiti con batteria acustica e sintetizzatori, accompagnati da video creati per l’occasione dal regista Gerardo Lamattina; la formazione live è completata dal produttore ravennate Riccardo Pasini (Studio 73) ai sintetizzatori.

 

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