RECENSIONE: MARLENE KUNTZ – HO UCCISO PARANOIA [CONSORZIO PRODUTTORI INDIPENDENTI, 1999]

Recensione a cura di Francesca Bruni

Nel Gennaio del 1999, esce in Italia Ho Ucciso Paranoia, terzo album della storica band piemontese Marlene Kuntz, un’opera decisamente più melodica e matura, dove l’impeto furioso degli esordi si attenua, trasformandosi in qualcosa di nuovo. Il disco è stato pubblicato in due versioni, la prima è di tredici brani tra cui due improvvisazioni musicali denominate Spore e la seconda, oltre a contenere l’album originale, include un secondo cd in cui sono stati aggiunti sedici frammenti da alcune jam sessions. Dalla pubblicazione dell’album, seguirà un tour in tutta Italia che porterà alla realizzazione del loro primo disco live dal titolo H.U.P. Live In Catharsis, uscito nel 1999, contenente diciassette gloriosi brani dei primi tre album della band. 

Il mio cd autografato – Ph. Francesca Bruni

Nella prima traccia del disco, L’odio migliore, le chitarre distorte dal sound metal sovrastano una voce roca e furiosa ed a tratti più tenue, per poi esplodere in un’ossessione senza fine, brano dal fascino alienante e claustrofobico, con un finale dettato da suoni electro rock che, lentamente, si affievoliscono.

In L’abitudine una chitarra pulsante introduce il brano; il ritmo incalza grazie all’inserimento del basso, della batteria e dalle voci che si intersecano tra di loro come echi radiofonici. Di forte intensità è l’assolo di chitarra che imprigiona il mio cuore lasciandomi andare ad un’inesorabile pianto.  

Nella terza traccia, Le putte, i doppi sensi, la strafottenza ed una furia sfrontata predominano in tutto il brano. La voce, disturbata dal volume alto della musica, si alterna a grida storpiate simili ad un miagolio di gatto, il brano si conclude con una fascinosa ed inaspettata  filastrocca. 

Infinità è una poesia incantevole ed introversa, una coccola che avvolge l’ascoltatore in un vortice di passione come nel cantico dantesco dell’inferno di Paolo e Francesca nella Divina Commedia.

La voce inebriante e la batteria fluttuante rendono il brano infinitamente meraviglioso, le chitarre sono gracili ed il brano termina con suoni che mi ricordano le onde del mare, a mio parere un pezzo divino che narra le fragilità dell’ amore.  

Nella quinta traccia del disco Una canzone arresa, il ritmo pacato è accompagnato da voci suadenti e da chitarre equilibrate tipicamente rock, una canzone romantica che infonde tranquillità dalle sonorità lineari e prive di momenti noise.    

In Questo e altro la tregua svanisce, un brano dal rock impetuoso tipico della band con chitarre nevrotiche dai tratti dark, le grida intense ed una furia ardente creano un senso di ansia ed oppressione per chi l’ascolta, eliminare l’eliminabile è il motto della canzone.     

 Ineluttabile è una canzone in cui si entra in un delirio interminabile senza una via d’uscita, durante l’ascolto resto esanime dalla sua bellezza, le chitarre altalenanti sono come balzi d’umore e la voce tagliente porta ad uno stato di consapevolezza. A mio parere, è uno dei pezzi più belli dei Marlene Kuntz per la sua spiazzante ferocia ed amara verità.    

Nel Lamento dello sbronzo, i suoni allucinati introducono il brano portando l’ascoltatore ad uno stato di alienazione e ad una tranquillità latente e provvisoria, le chitarre inquietanti ricordano molto il gruppo americano Sonic Youth in netto contrasto con una voce pacata.     

Retro del mio cd autografato – Ph. Francesca Bruni

Nella nona traccia del disco Il naufragio, un amore focoso pervade in tutta  la canzone, dandomi la sensazione di essere sopra una barca vacillante che sta per affondare, le voci scorrono come acque funeste, guidate dalle chitarre dai toni aspri e da variabili frastuoni. 

Il disco prosegue con Spora n.5, un frammento strumentale di breve durata caratterizzato da sperimentali accordature delle chitarre.   

Un ritmo instancabile e chiassoso prevale nella canzone In delirio, accompagnata da una voce furibonda che improvvisamente sfocia in un grido imprigionato e disperato, brano che mi provoca un dolore lancinante, trascinandomi in un mondo oscuro e pieno di angoscia .      

L’ album continua con Spora n. 27 dai toni lievi e flemmatici in chiave acustica.

Il disco si conclude con la melodia acuta di Un sollievo che inizia con toni cupi alternati ad un sound affannoso e da un rock furente, la voce delicata si alterna a momenti concitati. La canzone in alcune parti mi ricorda il brano Barrel of a gun della talentuosa band inglese Depeche Mode, estratto dall’album Ultra del 1997.   

Ho ucciso paranoia è un disco enigmatico, dove dolore e fragilità sono parte predominante nei testi , a mio parere lo ritengo un album solido, in cui si capisce che i Marlene Kuntz hanno intrapreso un nuovo percorso musicale ed interiore, pur mantenendo quella spietata eleganza che li ha sempre differenziati.

Un disco dalle alterazioni paranoiche, in cui si denota una ricerca assillante di risoluzione su angosce esistenziali, ricordandomi molto l’eclettismo allucinato del celebre cineasta Stanley Kubrick e l’inconscio surrealista dell’altrettanto famoso regista David Lynch. Infatti li amo entrambi.

Ascoltando i brani di questo sorprendente album, vi inoltrerete nei profondi abissi dell’anima attraverso un viaggio introspettivo su voi stessi. Good  listening!

Credits:

Cristiano Godano: voce & chitarre

Riccardo Tesio: chitarre

Dan Solo: basso

Luca Bergia: batteria

Tracklist:

L’ Odio Migliore

L’ Abitudine

Le Putte

Infinità

Una Canzone Arresa

Questo e Altro

Ineluttabile

Lamento Dello Sbronzo

Il Naufragio

Spora n. 5

In Delirio

Spora n. 27

Un Sollievo

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