Intervista di Gianluca Clerici
Decisamente interessante questa visione del mondo che si contamina nei suoni di tanti confini diversi. E, nonostante suoni in modo assai strano, questa trilogia che si conclude con Antropofagico III è certamente la sintesi e la summa di tutte le derive umane e artistiche di Celeste Caramanna. Dalla world al pop, dalle sfumature di jazz alla fusion metropolitana. C’è tanto dentro che quasi, a volerlo raccontare, sembra impossibile. A lei rivolgiamo le nostre consuete domande di Just Kids Society… e a leggerne le risposte pensiamo che ne sia valsa davvero la pena!
Parliamo di musica o di gossip? Oggi il mondo sembra più attento agli effetti di scena, da dare in pasto al giornalismo e alle tv più che ai contenuti degli artisti. Ecco la domanda: perché qualcosa arrivi al pubblico di questo presente meglio badare quindi alla scena o restare fedele ai contenuti?
Io ho un problema, o meglio, ho tanti problemi… però uno è molto relativo a quello che dici tu, io sono così concentrata in quello che voglio fare, quello che mi interessa, quello che mi diverte, quello che mi motiva, quello che mi affascina… è tutto così centrato nel contenuto di quello che mi piace realizzare… che tutto il resto rimane indietro… non ci penso proprio, non fa parte delle mie cose… quindi pensando così, ovviamente per me il contenuto è fondamentale.
Guardiamo sempre al passato, alle radici, ai grandi classici per citare insegnamenti e condizionare le mode del futuro. Perché? Il presente non ha le carte per segnare una nuova via?
Non so se è così… ormai mi sembra che negli ultimi tempi guardiamo un passato ogni volta più recente, o sarebbe una vera e propria copia di quello che sta succedendo al momento… come se le mode fossero copiate in tempo istantaneo, una dopo l’altra… quelle carte che sono importanti e sono del presente, penso che sono più difficili da identificare immediatamente… non so se siamo incapaci di riconoscerle, o se non riusciamo ad accedere a quei contenuti che sono migliori e più importanti… nel mio caso il passato mi affascina, perché ci sono tante carte così importanti, già scoperte, e tante carte che ancora sono da scoprire… per me sono più che tesori, sembra che in determinate epoche sono state prodotte cose così incredibili, che dobbiamo andare lì per provarle…
Che poi di fronte alle tante trasgressioni che ci vengono vendute dalle televisioni, quante sono davvero innovative e quante sono figlie sconosciute e mascherate di quei classici anche “meno famosi” di cui parlavamo poco fa?
È che anche quelle che sono innovative portano con sé tanti di quei colori, di quei gusti, di quella forza e di quella caratteristica, che erano veramente singolari in quei tempi… ma sai, tante volte un determinato gusto non siamo capaci di identificarlo nel momento in cui è stato creato ed è stato provato per la prima volta, prima dobbiamo subire qualche trasformazione, maturare, imparare tante altre cose per dopo percepire e capire un gusto che già esisteva prima, ma non era ancora disponibile… hai ragione tu quando entriamo nel campo di quello che non era un passato famoso o molto conosciuto, e viene mostrato adesso come una grande novità… lì si abbiamo un mare infinito di tante cose “nuove-trasgressive” che esistevano già nel passato, ricco ma ancora non scoperto… quindi se esiste una risposta alla tua domanda, ovviamente non sarò io ad avvicinarmi alla risposta giusta… ma lascio qui la mia impressione… che quasi tutto viene macchiato da un passato più o meno conosciuto… e solamente una minima parte è innovativa, nel senso che non esisteva nessun segnale di esso prima… e con questi dobbiamo stare molto attenti a riconoscerli, perché altrimenti ci metteremo tanto tempo per scoprirlo…
Nello specifico di questo nuovo appuntamento con il tuo essere antropofaga. Un disco che continua a dimostrare mille fusioni, mille incontri, mille derive diverse. Quasi sembra non avere una sua identità, un suo modo di stare al mondo, un suo preciso volto da raffigurare. Anche la produzione ha cercato questa direzione o sbaglio? Dunque come può parlare al pubblico di oggi che ha sempre bisogno di cose conosciute per riconoscersi in qualche modo, che sta continuamente con i telefonini in mano a cercare di identificarsi dentro suoni digitali di format discografici ciclicamente copiati e riproposti?
È proprio così… mille identità, senza identità, o un’identità che ancora non riconosciamo… boh… Non so come parlare al pubblico di oggi… o quanto pubblico diverso esiste oggi, o a quale lingua o a quali orecchie io riesco ad arrivare con la mia musica… questo è il punto, io voglio comunicare quello che ho dentro, quello che io sono in quel momento, quello che è il formato della mia espressione, è un ritratto, una foto di quel momento… non so se qualcuno mi sentirà, o chi sono quelli che mi ascoltano, la mia decisione è quella di voler comunicare quello che ho dentro, ma non posso decidere chi mi ascolterà, perché altrimenti non potrei fare fuori quello che ho dentro, ma avrei dovuto prima sapere quello che il pubblico ha, quello che lui vuole, e produrre in funzione di questo… ma a cosa servirebbe? Perché loro già hanno quello, e io dovrei creare una cosa che non è mia, non è l’espressione di quello che ho dentro in quel momento, quindi non avrebbe senso di esistere come un’espressione artistica… con chi la mia musica si comunicherà è una cosa da scoprire… l’importante è che la mia musica esiste… ed è espressione di quello che volevo buttare fuori… quella sono io
Parliamo di cultura e di informazione. Siamo dentro un circo mediatico dalla forza assurda capace di fagocitare le piccole realtà, anzi direi tutte le realtà particolari di cui parlava Pasolini. La musica indipendente quindi che peso continua ad avere? Oppure viene lasciata libera di parlare tanto non troverà mai terreno fertile di attenzioni?
Le immagini che mi vengono in mente da come hai descritto, sono esattamente queste… un mostro mediatico che ha una forza incontrollabile… vedo anche questo spazio dato o lasciato a questi che sono trascurati, che non esistono dentro il mondo mediatico, che non importano perché sembrano seminare sempre in questo terreno non produttivo… è fatto, visto in questo modo… però da uno sguardo di uno che frequenta, che è passato, che si è mescolato, che si presenta, che condivide, che conquista e oltrepassa diverse altre frontiere in questa direzione, si trova un mondo infinito in termini di diversità, qualità, e anche di quantità, la musica indipendente espressa e vissuta in diversi scenari come jazz festivals, world music festivals, blues, soul, pop music, eccetera… é molto lontana dal non essere fertile e non produttiva… possiamo dire che è invisibile da un punto di vista macro, ma lì si trovano artisti fantastici, cantanti, musicisti, produttori, autori, compositori… è impressionante quante cose buone abbiamo… e il più incredibile di tutti è il pubblico, perché il pubblico è lì, ed è interessato, partecipativo, informato, entusiasta, quindi tutto questo insieme è un grande mercato, è un’espressione culturale importante… posso rischiare di dire, che in qualche modo, quando sei lì dentro, hai una sensazione strana, che questo mondo dimenticato non vuole saperne del mondo mediatico…
Più in generale, la musica può tornare ad avere un peso sociale per la gente quotidiana?
Io penso che la musica ha un peso sociale… continua ad avere un peso sociale… ed è anche responsabile e non solo conseguenza di questo sociale di oggi… il punto non è se ha un peso o no… il punto è che musica è… che musica si fa… che musica si suona, si canta…. che musica ci rappresenta… che musica fa si che le persone si rappresentino in essa…
E restando sul tema delle trasformazioni: vinile, CD o canali digitali? Oggi in fondo anche la musica è gratis, basta un click… è segno del futuro o è il vero cuore della crisi? Che poi tutti condannano la gratuità però tutti vogliono finirci su Spotify…
Per me è Vinile, CD e canali digitali, abbiamo un pubblico diverso per ognuna di queste possibilità… questo può essere anche un processo educativo, quanto più interessati e più amanti della musica diventano, più qualità cercheranno…
A chiudere, da sempre chiediamo ai nostri ospiti: finito il concerto di Celeste Caramanna, il fonico cosa dovrebbe mandare per salutare il pubblico?
Dovrebbe mettere Walk Away di Tom Waits…