LIVE REPORT: Philip Colbert. The Lobster Empire @ Complesso di San Salvatore in Lauro [RM] – 09/11/2022

Live report di Davide Emanuele Iannace

L’aragosta che non ti aspetti

Foto©Antonio Masiello / Getty Images for Philip Colbert

Chiunque sia passato a Roma, su Via Veneto, nel corso dell’ultimo mese, avrà notato delle curiose aragoste poste ai lati della strada celebre per la Dolce Vitadi felliniana memoria. Aragoste rosse vestite di abiti sgargianti, dallo sguardo vispo, allegro, inquisitorio, che fissavano autobus e passanti come solo un’aragosta potrebbe fare – se le aragoste, almeno, fossero anche capaci di fare uno sguardo quantomeno inquisitorio.

 

Erano però solo una piaccola anticipazione del vero lavoro di Philip Colbert, quello che potremmo definire il signore delle aragoste o l’erede di Andy Warhol, come lo hanno definito riviste più professionali e storiche della nostra! Philip Colbert ha fatto delle aragoste un po’ il suo tratto caratteristico, la sua firma e la sua forma. In Lobster Empire, le aragoste sono le protagoniste, insieme ad una serie di riflessioni che vedremo ora insieme.

Esposte nel complesso monumentale di San Salvatore in Lauro, nel cuore del Rione Coronari di Roma, non distante dall’imponente Castel Sant’Angelo, Lobster Empire è una celebrazione di arte e di colore. Organizzata in collaborazione con BAM Eventi d’Arte, la mostra ha portato l’estroso genio inglese nel cuore della capitale italiana, la madre del classicismo e delle forme a volte eloquentemente solide e maestose, come ben siamo abituati noi che abitiamo la città.

Eppure, le aragoste di Colbert hanno moltissimo in comune proprio con le opere classiche. Non sfuggirà all’occhio più attento un duplice riferimento, specie nella prima parte della mostra: da un lato le statue in quello che sembra marmo bianco che si rifanno proprio alle forme più classiche di alcune statue rinomate. Per esempio, è impossibile non notare la somiglianza di Aragosta con testa di Medusa con la più famosa Perseo e la testa di Medusa. Il titolo, la forma, l’azione, tutto richiama l’opera classica.

Ma se nelle statue è palese, anzi, plateale, il tentativo di riportare una forma di arte più classica all’interno di un corpo – letteralmente – pop e popolare, nuovo e moderno, nei quadri questo tentativo è più sottile, più nascosto.

Ne abbiamo due in particolare, due scene di battaglie, che nella loro iconica forma pop si ritrovano a non avere nulla di meno delle grandi scene di battaglie d’altri tempi, quelle dei quadri rinascimentali, degli eroi e dei condottieri, dei re e degli imperatori. In Lobster Empire, semplicemente, la prospettiva è quella di un regno e impero di aragoste, in lotta contro un esercito nemico fatto di visi che riprendono un Van Gogh, abiti sportivi targati Adidas e Nike, strane facce che sembrano uscite dai quadri di Goya o di Da Vinci, in alternanza casuale apparentemente. Emoticon a forma di cuore si perdono tra le gambe dei cavalli che si caricano a vicenda come se fossimo in una scena di Games of Thrones. Ci sono le spade, il sangue, c’è la violenza, c’è la vittoria e la sconfitta. C’è quel senso di movimento e di forza a cui siamo abituati all’interno delle lotte nostrane, quelle medievali e quelle rinascimentali. C’è una chiara ripresa del tipo di soggetto che caro all’epoca di Caravaggio, ma senza la presa pittorica e realistica dell’autore. Un po’ una sfida, una disfida, quella che porta Colbert qui a Roma. La presa in giro artistica di qualcosa che in fondo ci è caro come forma artistica.

È un gioco elegante, che gira intorno le forme apparentemente banali delle aragoste, questi animali che di certo non ci ricordano imperatori e lotte per il potere e che invece diventano le protagoniste della loro propria avventura, della propria realtà. È una vera e propria invasione di crostacei nelle loro forme più diverse, nel loro fulgido rosso – o bianco, in alcune statue – che gli dona una eleganza e un innato senso di maestà e di potere che, nella realtà, fa scattare in noi il senso dell’ironia al pensiero di quello stesso animale nelle sue forme reali.

Oltre che questa presa diretta contro l’arte classica, nella mostra Lobster Empire ci andiamo ritrovando contro altre forme d’arte, quelle video innanzitutto. Colbert è stato tra i primi a cercare di cogliere le novità che creazioni come i Non-Fungible Token (NFT) potessero offrire agli artisti. In opere come Cryptofixtion vi è tutto il potere del medium videoludico che si mette contro sé stesso, che combatte con sé stesso. Il digitale che combatte una guerra interna. L’opera è una critica al nostro dipendere dagli strumenti che diventano protagonisti dell’arte, che la creano, la generano, le danno valore. È un valzer quello che Colbert fa con la tecnologia, odiandola ma anche facendola sua, protagonista e dama. Non è casuale nemmeno il suo voler portare proprio il mondo digitale al centro dei suoi prossimi lavori, da un lato con il lancio di 7777 aragoste NFT, rari pezzi d’arte che hanno concesso ai collezionisti la cittadinanza virtuale di Lobsteropolis City, la città fondata dall’artista nel mondo virtuale di Decentrentraland. Un esperimento che forse non è raro – basti vedere alle interconnessioni che si vanno fondando tra Metaverso e realtà, tra videogiochi e arte come nel caso di Fortnite, per citarne uno. Ma che sicuramente, portato avanti da un artista del calibro di Colbert, ci offre uno specchio della realtà che oramai attende anche l’arte come mondo economico sociale.

 

Così come poi corteggia anche lo spazio nella sua serie dedicata Lobster in Venice, in cui la città decadente e antica, la città dell’acqua e del mare, del confine tra la terra e quello che c’è oltre, l’ignoto azzurro profondo e a volte spaventoso, viene coinvolta nella trasformazione artistica di Colbert e del suo esercito di aragoste, che ora prese nei propri palazzi di legno, ora nelle proprie navi, cavalcano i canali tiepidi e sempre più devastati della città marinaresca per eccellenza. Non si possono fissare le opere di Colbert a Venezia senza pensare alle opere di Canaletto e alla sua dedica a quella città, la sua firma per intagliarne per sempre nel tempo la bellezza e potenza. Di nuovo, l’autore inglese prende e ribalta il Canaletto, fa sua una totale trasformazione della forma e del messaggio, un ribaltamento dell’originale.

Foto©Antonio Masiello / Getty Images for Philip Colbert

Le trasformazioni di Colbert colpiscono, incantano, sono come giochi di un prestigiatore che sa di giocare con dei trucchi complicati con cui esagera e lo fa con una grazia che poco sembrerebbe da un primo impatto con le rosse aragoste. Anche l’uso stesso del crostaceo potrebbe far storcere qualche naso all’inizio. Non si sfugge a questa prima impressione, a questa domanda fondamentale sul:

che costa sto vedendo?

Quello che si vede dopo la mostra è un mondo magico in cui il crostaceo diventa il conquistatore, il marinaio, l’uccisore di Medusa così come il conquistatore dell’Idra. Un mondo quasi fatato, immaginario, folle, che si distacca completamente dalla realtà e forse proprio per questo finiamo per apprezzarlo di più. Ci consola, questo mondo di Philip Colbert, perché le sue aragoste rappresentano l’impossibilità del divenire attuale. Sono quello che la realtà non sarà mai davvero, quello che non potrebbe virtualmente essere. Come nelIl Pianeta delle Scimmie, l’omonimo animale diveniva metafora della razza umana, l’aragosta e il suo impero nella realtà sono l’umanità stessa, i suoi simboli, le sue realtà violente e le sue lotte, ma al contempo ci sentiamo quasi de-responsabilizzati dinanzi le rosse chele.

 

Una mostra che merita sicuramente la visita, per i suoi colori sgargianti e per la bellezza delle opere, ma per lo stesso viaggio che finiamo per compiere in noi stessi e della nostra società, quella che circonda, fatta da umani ovviamente e non da gigantesche aragoste rosse. Che, comunque, simpaticamente riescono a disegnare un mondo a colori che forse sarebbe perfino divertente vivere.

 

DOVE: Complesso di San Salvatore in Lauro, Piazza di San Salvatore in Lauro, Roma (RM).

QUANDO: Dal 9 Novembre 2022 all’8 Gennai0 23,

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